Quentin Blake per Mathilda di Rohald Dahl

sabato 30 marzo 2019

La corsara


Ci sono libri che portano ad altri libri, storie che costringono, per una sorta di piacere puro, a rileggere autori e autrici passati in secondo piano per effetto di un certo consumismo culturale. Ė quello che succede con La Corsara di Sandra Petrignani, biografia di Natalia Ginzburg strettamente intrecciata alle vicende della sua famiglia e alle persone che ha incontrato, amato e perduto, alle sue opere, e ai fatti legati alla casa editrice Einaudi, con tutti i soggetti che hanno avuto in essa un ruolo importante. Una narrazione documentatissima che non prescinde dall'affetto e dai ricordi personali di Petrignani, permettendole una particolare  vicinanza alla scrittrice. Ne scaturisce un ritratto che, pur seguendo una scansione lineare, si sviluppa anche nei rivoli delle varie vite con salti temporali, aneddoti e citazioni.  Ci fa conoscere Natalia Levi da bambina, quando nasce a Palermo, nel 1916, ultima dopo tre fratelli e una sorella, il suo nome scelto dal fratello maggiore Gino, pensando alla protagonista di Guerra e Pace.   Il padre, Giuseppe Levi,  è uno scienziato illustre,  ebreo triestino, la madre è milanese «una donna intelligente, leggera e canterina, Lidia Tanzi, che si consola di aver tradito i sogni d'indipendenza della gioventù riempiendosi la vita adulta di libri, di arte, di cultura».  I Levi hanno avuto i primi quattro figli a Firenze, dopo Palermo si trasferiscono a Torino, nel 1919. Nella loro prima casa c'è anche un giardino, dove Natalia gioca con la bambola Olga e alcuni amichetti, ne parlerà in un racconto dal titolo misterioso, Luna pallidassi, che  si ritrova nella raccolta Mai devi domandarmi e Un'assenza. I suoi fratelli sono già molto grandi, rivendicano le loro istanze e numerose sono le querelle tra loro, che suscitano le ire paterne e vivaci scambi d'opinione,  anche per questo motivo Natalia fatica a trovare un suo posto in famiglia, è timidissima, parla sempre molto in fretta nel timore che gli adulti si stanchino ad ascoltarla. Con sottile cattiveria è soprannominata "Maria Temporala"«perché metteva il broncio» e «impiastro, perché non sapeva vestirsi da sola [...] e lasciava tutto in giro e non era sportiva né studiosa».
Il racconto di Petrignani si sofferma sulle frequentazioni di casa Levi, dove «passa la Storia», le illustri amicizie, il percorso scolastico di Natalia, non particolarmente brillante, ad eccezione dell'ottimo profitto in Italiano e della sua volontà di scrivere, fino ai primi racconti pubblicati.  A ventidue anni sposa Leone Ginzburg,  amico di suo fratello Mario,  un altro casuale riferimento a Tolstoy. Leone  ha ventinove anni, considerato un ex enfant prodige, e ha fondato, con Giulio Einaudi, la casa editrice che tanta parte avrà anche nella  vita di Natalia.  Poi i figli, gli anni del confino a Pizzoli, in Abruzzo, in un mondo diametralmente opposto a quello in cui era vissuta. Cesare Pavese, che ha appena pubblicato Paesi tuoi, fedele al suo «inamabile lavoro di cerbero», le scrive: «Cara Natalia, la smetta di fare figli e scriva un libro più bello del mio». Accanto a Leone, la sera, quando i bambini dormono, Natalia scrive il suo primo romanzo, La strada che va in città, dato alle stampe  con lo pseudonimo Alessandra Tornimparte.  Viene accolto tiepidamente dalla critica, lei  definita troppo «pavesiana o americana».  Sopraggiunge il panico dell'8 settembre, la fuga con i due figli aggrappati alle valigie  e la piccola Alessandra di pochi mesi, in braccio. Con la morte di Leone il dolore  sembra insuperabile e toglie la volontà di vivere. Sola, con tre figli, comincia a lavorare alla sede romana di Einaudi, legge, traduce e scrive, scegliendo il nome Ginzburg per pubblicare, non lo pseudonimo del confino, non Levi, il suo nome parentale, ma quello del marito, per serbarne memoria, giacché lui non poteva più scrivere. Natalia conosce un momento di grande infelicità che la porta alla soglia della vita, la salvano e sceglie di trasferirsi  a Torino, vicino ai genitori. Pavese l'aiuta conferendole incarichi importanti nella casa editrice e lei scriverà su di lui «pagine memorabili», dispiacendosi profondamente per la sua morte. Incontra poi Cesare Garboli, che «per tutta la vita seguirà la sua opera come amico e critico». Sposa Gabriele Baldini, nasce una bambina, Susanna, e poi un bimbo, ma sono segnati entrambi da gravi problemi di salute. Si trasferisce a Londra per seguire la carriera accademica del marito, lì viene a mancare il piccolo, un altro grande dolore. Negli anni che seguono Natalia scriverà libri che la consacrano una delle autrici italiane più importanti del Novecento, compreso il memoir Lessico famigliare, che le vale il Premio Strega nel 1963. Si occupa di teatro per molti anni, a cominciare dalla commedia Ti ho sposato per allegria e scrive due romanzi in forma epistolare, Caro Michele e La famiglia Manzoni. Negli ultimi anni scrive su La Stampa e Il Corriere della sera,  sempre molto caustica e sincera, come piaceva a lei, e occupa un seggio in Parlamento.  La sua scrittura l'accompagna sempre nelle vicende della vita, in una forma tutta nuova, da lei inventata, dice Petrignani, con l'uso di un "noi" , «pudico e assertivo», che le permette un dialogo  insieme più distante e più antico, di una semplicità solo apparente, lontana «dal linguaggio pietistico, o emotivo, o evasivo».  
Dicevo che il libro di Petrignani costringe,  invita,  alla rilettura delle opere di Natalia, ma aggiungo anche a quelle di Pavese, Moravia, Morante, Calvino, Dacia Maraini. Tutte persone con cui lei ebbe rapporti stretti di amicizia, stima  e collaborazione. Quella con Elsa Morante fu però un'amicizia «complessa, spinosa, sbilanciata» perché «erano due donne sincere fino alla brutalità, solo che Natalia accettava senza risentimento le critiche della collega, anche le più feroci, mentre Elsa raramente tollerava di essere contraddetta». Ė un libro denso di fatti, denso di vite, La corsara, non si può ridurlo a elenco senza tralasciare qualcosa e, soprattutto, senza sminuire il  grandioso affresco novecentesco con attori, attrici e figuranti, tutti noti, tutti a loro modo importanti. Su tutto e tutti campeggia la statura di Natalia Ginzburg, sebbene lei abbia  continuato a dubitare di se stessa e delle sue abilità fino alla fine, nonostante i natali borghesi, le frequentazioni scelte e il successo meritatissimo.  «Fin da piccola si era sentita lacerata da quella che lei stessa definiva una "timidezza proterva"». Petrignani sostiene che «conservò sempre un tratto infantile, lo conservò nel carattere e nel modo di esprimersi, nella scrittura e nella calligrafia». L'autrice fa parlare le persone di lei e con lei, in un'interazione che supera  gli anni, le diverse convinzioni, i vincoli familiari e la morte.  La vita di Natalia non le ha fatto sconti e il racconto di questo libro  non tace neppure sugli aspetti più delicati, quelli che la scrittrice celava anche agli amici più cari, ma nelle pagine di questo libro aleggia un rispetto che si nutre di ammirazione e stima.  Sandra Petrignani e Natalia Ginzburg, due scrittrici che si incontrano, si leggono, si sfiorano e si parlano a distanza,  nel tempo, attraverso testimoni, autori  e opere.  Una donna raccontata da una donna, un bel leggere.

La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg, Sandra Petrignani, Neri Pozza Editore, 2018.

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martedì 26 marzo 2019

I nomi epiceni




La solita Amélie Nothomb, nel senso che non è una scrittrice per tutti, o piace o non piace. Spiazzante, creativa, costruisce trame inconsuete e imprevedibili, a me piace.
Anche con questo I nomi epiceni scompiglia le carte, sorprende e appaga. Un ragazzo e una ragazza, un rifiuto inaccettabile che dà l'avvio a una vendetta nel tempo, senza fine, in un crescendo di cattiverie a danno di terzi. Ma che sapore ha la vendetta?  Non è  faticosa? E se si ritorce contro chi la pratica?
Claude, Reine, Dominique, Épicène, un solo uomo e tre donne, con vari ruoli. Un gioco linguistico sui nomi sia femminili che maschili, metafora della vicenda che si sviluppa a ricalco di scelte, posizione sociale, successo, e persino di luoghi. La seduzione passa attraverso champagne e profumo Chanel, ma è una trappola, e fin troppo facilmente funziona. Funziona tutto, un disegno perfetto, un piano studiatissimo, fino alla fine, fino all'imprevedibile, preparato, forse desiderato, da un cedimento sentimentale.
Ho raccontato tutto, anche se in forma di rebus, buona lettura.

I nomi epiceni, Amélie Nothomb, traduz. di Isabella Mattazzi, Voland, 2019.



sabato 23 marzo 2019

Nessuno torna indietro




Alba De Céspedes (1911 - 1997), per molti versi ritenuta una precorritrice di stilemi narrativi che si sono poi affermati nel secondo Novecento, ebbe un enorme successo di pubblico con il suo romanzo Nessuno torna indietro (1938), poi bloccato dalla censura fascista. Racconta di alcune ragazze che vivono in un collegio romano, nel momento in cui la loro vita sta cambiando e devono operare delle scelte cruciali per prendere strade diverse. Le suore, sorveglianti e dirigenti, si avvicendano nei ruoli di potere, però senza lasciare il collegio, e rappresentano la continuità di un sistema che le ragazze desiderano rompere.  Una di loro non sarà capace di lasciarsi alle spalle il convitto, ma le altre si misurano con la vita "di fuori", ciascuna con le sue aspirazioni e, nei  loro dialoghi serali, riunite nella camera dell' una o dell'altra, riflettono dubbi e desideri, impazienti di prendere la decisione per compiere il volo  che le porterà lontano e le dividerà per sempre. Un libro moderno, ancorché pubblicato prima della guerra, forse difficile da reperire, meglio cercarlo nelle biblioteche. Lo inserirei fra le "riletture"consigliate, oppure da leggere, se non si conosce ancora,  per l' interessante e acuta indagine psicologica delle personagge.

Nessuno torna indietro, Alba De Céspedes, Arnoldo Mondadori Editore, 1938.
...

Questo titolo, triste e insieme veritiero, rende bene la malinconia che mi prende quando penso o parlo di mia madre. Non è rimorso, o non è solo rimorso, è nostalgia pura di lei, del suo essere nel mondo con la forza di un'intelligenza straordinariamente generosa che la faceva stare sempre ultima nell'ordine famigliare, pur essendo il perno dei nostri affetti e  delle nostre azioni. Mi accorgo che tendo ad assomigliarle sempre più, ma solo nelle piccole cose, nei gesti minimi, mi manca invece il suo grande cuore, quello sguardo che ci seguiva sempre senza opprimerci e purtroppo non posso più dirle quanto sia stata importante per me, come figura di donna e di madre. Uno dei ricordi più belli di lei è quando la sorprendevo china a leggere i suoi romanzi e racconti, che lei chiamava "novelle". Si ritagliava uno spazio  tutto per sé nel bailamme di una famiglia numerosa. Leggeva con il libro o il giornale sulle ginocchia, in un angolo vicino alla finestra, le gambe appoggiate a uno sgabello, pronta a lasciare tutto se avessimo avuto bisogno di lei. Con il mio piglio sessantottino, caustico e tranchant, ritenevo le sue letture prive di sostanza politica, quindi inutili. Ho capito presto che leggeva le maggiori autrici del Novecento italiano, quelle cadute nel dimenticatoio decretato dal pantagruelico mercato editoriale, quelle stesse autrici che leggo e rileggo io, adesso. Nessuno torna indietro  era uno dei suoi preferiti perché amava leggere De Céspedes.
Ma nessuno torna indietro, ciao mamma, grazie sempre.

venerdì 8 marzo 2019

Giornata Internazionale della Donna 2019


Quante sono le donne che hanno conseguito un primato in qualche ambito eppure di loro non si sa nulla?
Tante, troppe, sepolte da stereotipi, oscurate da pregiudizi, anche se si sono mosse con intelligenza, determinazione e coraggio nella vita.
Il volume dell'Associazione Toponomastica femminile, Le mille. I primati delle donne, a cura di Ester Rizzo, intende nominare quelle donne perché si "riapproprino del palcoscenico" e venga ricordato il loro merito anche attraverso la visibilità di una strada o altro spazio pubblico a loro dedicato.
Il testo documenta una ricerca a più mani durata quattro anni e presenta le biografie delle prime donne in viaggio, nello sport, tra le note, in politica, le prime premiate con il Nobel, e poi le letterate, pittrici, scultrici, fotografe, giornaliste. Ma non è un libro che guarda al passato, anzi, queste donne rappresentano un modello positivo per quelle di oggi perché continuino a realizzare i loro progetti, e possa essere riconosciuto il loro valore, così da poter dirsi, tutti noi, finalmente, di abitare una società equa, paritaria, davvero democratica.
Mi pare un libro pertinente  alla Giornata Internazionale della Donna, in un momento in cui, da più parti, traspare il disegno di ricacciarci in un unico ruolo, quello di fattrice e figurina affaccendata tra biberon, pentole e panni sporchi, in barba ai nostri talenti e desideri. E al diritto fondamentale, come persone, di veder realizzati i  propri sogni.


Le mille. I primati delle donne, Associazione Toponomastica Femminile, a cura di Ester Rizzo, prefaz. di Valeria Fedeli, Navarra Editore, 2016.

venerdì 1 marzo 2019

Mariolina Venezia e la sua declinazione del noir

Una terra sassosa di travolgente bellezza è la Basilicata che emerge dai libri di Mariolina Venezia, incanta e sotterra una storia secolare, fatta di arte e anche di soprusi ai danni della povera gente, e distruzione di interi borghi, e sterminio di cosiddette bande che si erano semplicemente opposte al disegno unitario nazionale.
Da piemontese quale sono negli affetti, nell'accento e nella nostalgia dei luoghi dove non abito più,  non posso che interrogarmi su quelle narrazioni che ci hanno ammannito a scuola, solo mezza verità che spiega poco o nulla. La questione meridionale emerge nelle trame di questa autrice, diventa oggetto di intreccio, sfondo, paesaggio ed è filtrata, come tutto il resto,  dallo sguardo agrodolce di Imma Tataranni, Sostituta Procuratrice della Procura di Matera. 
Umorale con i colleghi, eccentrica nel vestire, si aggira con il tacco dodici anche nelle grotte e sui famosi "sassi"e intanto rimugina, almanacca sulle indagini, sulla figlia adolescente, la suocera che la critica, il marito d'oro che si ritrova e un collaboratore giovane e attraente. Ma oggetto dei suoi pensieri non è solo il cumulo di scartoffie, delitti  e delinquenti vari, perché  lei fa la spesa,  cucina lampascioni, svuota la lavatrice prima di correre al lavoro,  cura la madre anziana, si sottopone a torture estetiche pur di acquisire informazioni, insomma le sue giornate esorbitano di incontri e scontri, come quelle di tante di noi con un cervello sveglio, una vita affettiva e un lavoro da conciliare.
L'autrice* vede in lei una donna con una forza primitiva, che incarna la durezza della terra lucana e insieme la meraviglia di quello che custodisce. Una personaggia che ricorda Don Chisciotte, con la stessa tenacia nel perseguire i valori in cui crede anche se l'azione che ne consegue non può incidere immediatamente nella realtà.
Donna sui generis è dire poco, Imma, che sta per Immacolata, ha assaggiato la parte più impegnativa della vita, quella che chiede il conto prima di concederti l'agio, e adesso tende a una leggera intransigenza, ma riconosce che la legge:
...  certe volte la legge è un paravento, buono a nascondere le cose che fanno comodo.
Come pietre tra i sassi  ha  una scrittura misurata che si incrocia con un problema di pressante attualità, su cui non posso  e non voglio fare anticipazioni per non privare del piacere della lettura. Più variato nei registri Rione Serra Venerdì, dà spazio allo slang locale, ma le descrizioni restituiscono un ampio respiro letterario al testo.
Il finale di questi romanzi non è mai con il botto, perché sono profondamente veri, intrisi di quella realtà che fa scalpore sui giornali e nutrita di quella nostra storia unitaria ambigua e frettolosa, per tacere del malcostume italico di insabbiare e depistare. L'autrice racconta di fatti storici, ferite antiche e problemi sociali e attuali senza appesantire la narrazione e senza astio, ma seminando dubbi e desiderio di approfondire. Meglio di certa saggistica.
Sono romanzi da leggere tutti d'un fiato e poi correre a visitare Matera e la Basilicata tutta.

Come piante tra i sassi. Imma Tataranni e la storia sepolta, Mariolina Venezia, Einaudi, 2009.
Rione Serra Venerdì. Imma Tataranni e le trappole del passato, Mariolina Venezia, Einaudi, 2018.

* Una cordiale conversazione con l'autrice mi ha fatto scoprire che è nata in Basilicata, è vissuta a Bologna, e poi lungamente in Francia e ora vive a Roma. Ha lavorato come sceneggiatrice nelle fiction Don Matteo e La Squadra e, udite, udite! Presto, forse come regalo di Natale, avremo anche la fiction su Rai1  del ciclo di Imma Tataranni e, ultimo scoop, è in fase conclusiva il quarto volume della serie (Come Pietre tra i sassi, Maltempo, Rione Serra Venerdì, i primi tre). 
Mariolina Venezia ha vinto il Premio Campiello 2007 con la saga famigliare Mille anni che sto qui.
Di quest'ultimo romanzo e di Maltempo parlerò prossimamente in un altro post.