Quentin Blake per Mathilda di Rohald Dahl

domenica 15 aprile 2018

Gli ingranaggi sognati


Le scoperte scientifiche incrociano la letteratura per l'infanzia e viceversa, secondo William Grandi, professore di Pedagogia della Narrazione all'Università di Bologna, lo sostiene nel suo ultimo libro Gli ingranaggi sognatiL'idea, secondo Grandi, è spiegare come il progresso scientifico influenzi l'immaginario e come, a sua volta, questo influenzi la scienza e infine quale ne sia l'impatto pedagogico che si evidenzia nelle narrazioni. La letteratura ha riempito con sogni audaci e fantasticherie inaudite gli spazi lasciati vuoti dagli studi infatti, ogni qualvolta compare un prodotto tecnologico,  nasce anche un prodotto dell'immaginario, libro, film, graphic novel, videogioco, o altro. La fantasia contribuisce al processo di comprensione dei fenomeni scientifici sollecitando una ricerca di senso e questo si rese possibile a partire dalla rivoluzione industriale, in primo luogo in Inghilterra, dove l'immaginario poté elaborare i materiali prodotti dalla scienza perché il contesto, mutato radicalmente dall'introduzione delle macchine, lo permetteva.
Infatti, nella letteratura del primo Ottocento inglese spicca l'opera di Mary Shelley, Frankestein ovvero il moderno Prometeo, che verosimilmente fa tesoro degli studi di Galvani e dei suoi esperimenti sulle rane per una riflessione sulla vita non più solo oggetto di trascendenza, ma come qualcosa di meccanico. Interessante notare come il romanzo non fosse diretto all'infanzia, ma sia stato adottato dai giovani lettori per quella miscela di paura e ignoto che attrae le menti infantili.
Invece Jules Verne scriveva intenzionalmente per l'infanzia e praticamente tutti i suoi romanzi prendono spunto da scoperte scientifiche o tecnologiche della sua epoca, come nel suo Viaggio al centro della terra, probabilmente influenzato dalle teorie della Terra Cava dello scozzese John Leslie. Affascinato dalle possibilità offerte dalla scienza, mostrava come potessero liberare le persone dalle catene, suscitando un approccio proficuo agli studi scientifici.
Nei romanzi di Salgari, per certi versi più maturi e coraggiosi di quelli di Verne, si trova però un profondo disincanto nei confronti del futuro e il lettore viene avvisato del progressivo esaurimento delle risorse alimentari che prelude al collasso del pianeta. Salgari sembra sottolineare che scienza e tecnologia siano doni ambigui, non in grado di risolvere i problemi fondamentali dell'umanità.
L'influenza delle teorie darwiniane sull'immaginario collettivo è stata notevole, si sviluppò un intenso dibattito intorno alla materia che sembrava organizzarsi autonomamente senza alcun intervento divino e senza Darwin non ci sarebbe stato il personaggio Tarzan, creato dalla penna di  Edgar Rice Burroughs. Si pensi anche a Conan Doyle e al suo Il mondo perduto che ha sicuramente ispirato il film JurassiK Park e Dinotopia di James Gurney, una visione dei sogni bambini sui dinosauri, con tutte le componenti di stupore e fascinazione destati da quei rettili.
Attorno al 1877 lo studio di Giovanni Schiaparelli sulla visibilità del pianeta Marte ispirò diversi scrittori, come H.G.Wells che, ne La guerra dei mondi, insinua il dubbio di possibili nemici alieni. Negli anni Venti del Novecento venne pubblicata un'opera rasserenante  dello scrittore anglo-statunitense H.Lofting, La storia del Dottor Dolittle, in cui un bonario dottore comunica con gli animali ben lontano dai laboratori di dissezione e vivisezione ma, guarda caso, proprio nello stesso periodo, lo studioso Konrad Lorenz dava l'avvio alla scienza etologica.
Nel libro troviamo anche un'analisi dei Pokemon, nati come creature dei videogiochi e proposti poi come cartoni animati. Anch'essi evolvono darwinianamente, lottando senza morire, qualcuno si scarica, qualcuno si potenzia. Sono amatissimi dai bambini, imbattibili nell'identificare le specie base e le evoluzioni, formano un bestiario ricalcato sulle classificazioni di piante e animali.
Negli anni Duemila esplode il genere distopico, narrazioni ambientate sul nostro pianeta in un futuro più o meno lontano, a seguito di un qualche "grande disastro", una catastrofe climatica o bellica. Il genere incontra un grande favore dal pubblico giovanile, comprensibilmente  molto preoccupato per il proprio futuro.
A proposito dell'incrocio tra pedagogia e fantascienza, Grandi cita gli studi di Joseba Zulaika sull'ideologia fondante la politica del controterrorismo statunitense, così  imbevuta di elementi mitologici e fantastici da  incamerare le tecniche dei videogiochi della science-fiction per elaborare la mortale tecnologia dei droni. Secondo l'antropologo basco si pongono molti  dubbi sul versante etico per la deresponsabilizzazione dovuta all'azione distruttiva condotta a distanza e per  una diversa concezione dell'estetica della guerra. Infatti il drone percepisce il nemico non tanto come corpo reale, ma come immagine dentro un obiettivo, e la sua distruzione riduce l'esperienza su un piano puramente virtuale. 
Nel libro, perfettamente leggibile anche per i non addetti ai lavori, sorprende la  dissertazione sulle fate e sul loro ruolo nella letteratura per l'infanzia. Un forte interesse nei loro riguardi risorse in epoca vittoriana perché l'immaginario aveva bisogno di un "altro da noi" di natura sfuggente e non proprio umana, quasi un contraltare alla teoria scientifica di Darwin. Le fate, quali creature leggiadre e provviste di ali, si pongono come custodi del mondo naturale, vicine alla quotidianità pur sottraendosene. Da una parte ci sono fate e folletti e dall'altra gli umani, i primi si oppongono alla scienza e rappresentano dissenso e libertà, esprimendo un potere di vita, incanto e ignoto.

Gli ingranaggi sognati. Scienza, fantasia e tecnologia nelle narrazioni per l'infanzia e l'adolescenza, William Grandi, FrancoAngeli, 2017

William Grandi è professore associato presso l'Università di Bologna dove insegna Pedagogia della Narrazione. Le sue ricerche vertono sul rapporto tra infanzia, editoria e racconto, sulla letteratura di genere (Fantasy, Giallo, Horror, Fantascienza) e sugli adattamenti mitologici per ragazzi. Tra le sue pubblicazioni vanno ricordate:
Infanzia e mondi fantastici, Bonomia University Press, 2007.
La musa bambina, Unicopli, 2011.
La vetrina magica,ETS, 2015.



venerdì 13 aprile 2018

Non troverai altro luogo


Non troverai altro luogo, il nuovo romanzo di Marilia Mazzeo, tornata alla narrativa dopo anni, è uno di quei libri che in inglese chiamano page turner perché la vicenda, che comincia sommessamente, senza una particolare enfasi, si sposta nello spazio e nel tempo assumendo la caratteristica di un viaggio di scoperta e chi legge non riesce a staccarsi dalla storia, ne viene letteralmente catturato.
In sintesi, la trama. Una madre, musicista affermata, parte alla ricerca del figlio scomparso, di cui si sono perse le tracce «da più di un anno». Scoraggiata dal marito e mossa non tanto da preoccupazione, piuttosto da un filo di sottile risentimento «...era questo il modo di comportarsi? Che razza di uomo era suo figlio?». E ancora «Che fosse capitato qualcosa di grave [...] era un'idea che Manlio sembrava non aver preso in considerazione nemmeno per un momento, e dunque nemmeno Elena. Pensava però che dovesse essere depresso».
Elena parte con la certezza di avere con sé la soluzione del problema: se lui è fuggito in seguito alla mancanza di lavoro, lei gli porterà un'offerta adeguata alle sue competenze, lui potrà tornare a casa e ritrovare il suo posto nella famiglia e nel mondo. In partenza da Torino, dal calmo e dignitoso benessere di una residenza borghese, Elena andrà a Brescia, Milano, Verona, Vicenza, Padova, Trento, Venezia, Trieste, di albergo in albergo, in un peregrinare apparentemente sconclusionato, incontrando persone che hanno avuto qualche rapporto con Carlo, chiedendo notizie e scoprendo i passi di suo figlio, i legami, le condizioni a cui si è dovuto piegare. Non pensiamo Elena come una detective, resta sempre una musicista,  con il suo violino appresso, la sua eleganza e poi le  convinzioni, le priorità e i giudizi sulle persone a cui non intende rinunciare e quel viaggio le pare persino, a tratti, quasi un piacevole sottrarsi alla routine.
Quale sarà la scoperta del suo viaggio? Non una sola. Intanto la rivelazione di uno sconosciuto mondo giovanile, guardato da lei con sospetto, marcato da lampi di entusiasmo sebbene conviva con la difficoltà di trovare e mantenere lavoro, o debba rinunciare a un progetto di vita a lungo termine, o sia costretto a spostarsi per inseguire un impiego precario. Elena tocca con mano un'umanità che non aveva contemplato, sicura com'è della volontà che può tutto, del non valersi delle raccomandazioni, del fare da soli con tenacia e disciplina. Ma un'altra scoperta, più amara, l'aspetta al varco: il suo essere madre, tra gli impegni della musica, non è arrivato ai figli come lei si attende, il suo esserci e non esserci nei momenti cruciali della loro crescita ha creato un vuoto affettivo nella loro vita e adesso le presentano il conto: quello che per lei è un modello genitoriale positivo si rivela tutt'altro per i suoi figli.
Il romanzo di Mazzeo ritaglia profili umani dolenti, penetra nelle dinamiche familiari e amicali, riporta le ragione degli uni e degli altri, parla del dolore delle scelte che scontentano sempre qualcuno, azzarda la rivendicazione del talento a scapito dei bisogni. E sorprende perché non consegna ricette risolutive o happy end scontati.

Non troverai altro luogo, Marilia Mazzeo, L'Iguana Editrice, 2017.

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giovedì 5 aprile 2018

Caro blog,

ti ho trascurato e me ne dispiaccio, ma non prometto nulla perché so essere impossibile onorare una promessa facile a farsi e difficile da realizzare.
Una distesa di libri sulla mia scrivania, una pila sul comodino e a terra, vicino la mia sedia girevole.
Potrei fare come tant*, leggere meno e improvvisare di più, ma non me la sento.
Potrei fingere del tutto di leggere, facendolo fare ad altri e presentare libri contrassegnati da tanti bei post colorati e poi cavarmela con frasi a effetto, come adulati conduttori televisivi, ma non è nelle mie corde e, soprattutto, non sono un adulato conduttore televisivo.
Potrei scrivere dicendo peste e corna o magnificando a vanvera, senza leggere altro che le bandelle e/o scopiazzando da giudizi altrui, ma non è nel mio stile.
L'unica cosa che posso fare è continuare a scrivere di quello che so, di quello che leggo, quando posso, compatibilmente con le recensioni da mandare agli altri blog, compatibilmente con gli articoli per le riviste, compatibilmente con le presentazioni, i convegni, gli impegni associativi (ma di quante associazioni faccio parte?), le amicizie, i social, le mail, le seccature, le frivolezze, i figli, i nipoti, il ballo, le lavatrici, le torte, no, le torte no. Mi fermo alle torte, sempre un bel fermarsi.
Quindi, caro blog, ti ho trascurato e, a ragion veduta, non posso che prometterti di farlo ancora e ancora e ancora.