Quentin Blake per Mathilda di Rohald Dahl

giovedì 14 novembre 2013

realtà e romanzo

Ho scelto di accostare due testi completamente diversi per l'originale sintesi di reale e immaginario volto al verosimile.


Giulia Schucht e Antonio Gramsci si incontrano nel 1922 a Serebriani Bor (Bosco d'argento), un sanatorio alla periferia di Mosca dove è ospite Eugenia, una delle sorelle di Giulia e dove anche Antonio cerca di curarsi,  lontano dalle fatiche e dalle responsabilità della politica. E' amore a prima vista, che condividono in luoghi anonimi, resi appena più domestici dal gesto romantico di Giulia, come un fiore in un bicchiere e  le lenzuola del corredo di casa.
Giulia è una talentuosa violinista e la musica, del resto, è  una delle passioni di famiglia, insieme all'amore per la natura e la politica. Al confronto con la sua Sardegna, aspra ed essenziale, Gramsci detesta lo stile di vita Schucht: troppi cuscini morbidi e fotografie incorniciate, il tè nelle tazzine di porcellana e quella loro forma di "piccolo borghesismo che è la bohème". E poi sempre musica che  a lui "lima i nervi", perché non la conosce  né capisce.
Giulia, che ha già incantato ottomila spettatori nel Concerto di Capodanno del 1918, a Mosca, eseguendo la Légende op.17 di Henryk Wieniewski, finirà col trascurare il violino, per amor suo, ma sarà un lutto.
Presto separati, il loro amore nasce segnato dalla lontananza, lei a Mosca e lui a Vienna, poi Antonio in Italia e Giulia in Russia, troppe verste tra loro; infine, e solo per pochi mesi prima dell'arresto di lui, ancora insieme a Roma,  ma in case diverse, per motivi di sicurezza. Quindi un amore epistolare e soprattutto silente perché Gramsci, che sa trovare le parole per esprimere i concetti politici più complessi, non riesce a superarsi per comunicare a Giulia i suoi sentimenti. E Giulia, che non può vivere "senza la misericordia delle parole", entra ed esce dai sanatori, sorvegliata dai servizi segreti che cercano di spiare, attraverso lei, l'uomo politico Gramsci, potenzialmente pericoloso. Forse la malattia di Giulia è stata il suo modo di " tornare in sé", sottraendosi agli interrogatori per non rendersi strumento di una Storia che schiacciava la sua vita.
Lucia Tancredi  afferma: " là dove finisce il documento, comincio io". Con la sua prosa suggestiva e musicale, il romanzo ha vinto il Premio Letterario Internazionale "Scrivere per amore" 2013, promosso a Verona da Il Club di Giulietta.  La presidente della giuria, Loredana Lipperini, ha sottolineato che questo libro ha avuto il "merito di restituire alla memoria comune la figura di una donna che dalla memoria, come troppo spesso avviene, è stata espulsa".



Rimossa dalla nostra mente, come un pensiero ingombrante e fastidioso, la guerra nell'ex Jugoslavia è al centro de La figlia, di Clara Uson, senza indugiare nella violenza, senza nascondere nulla, senza una parola di troppo.
L'impianto ideologico che oscura la realtà, fino a trasformarla agli occhi di tutti, è lo sfondo del percorso doloroso e drammatico di consapevolezza in cui Ana, brillante studentessa di medicina, apprende la verità sull'amatissimo padre, Ratko Mladic, detto il boia di Bosnia. Scene di tranquilla vita familiare, incontri  e pranzi con amici, un papà affettuoso, i libri e gli esami, questo l'universo ovattato in cui vive Ana a Belgrado, protetta dalla propaganda che manipola le coscienze, mentre altrove già non si contano le vittime. Poi, un viaggio a Mosca e avviene lo svelamento: anche i suoi amici mostrano di essere molto critici nei confronti di suo padre, com'è possibile? Come si permettono di allinearsi alla tanto denigrata stampa estera che distorce i fatti? Ma il tarlo del dubbio mina le sicurezze e produce scarti nell'atteggiamento della giovane, niente sarà più come prima.
Le biografie dei personaggi di questo romanzo si imprimono nella memoria, lasciano una traccia amara e portano alla ribalta quella Bosnia dilaniata, stuprata, annientata che non si vorrebbe pensare o, almeno,  si preferirebbe confinare in un angolo della mente, con alcune affrettate giustificazioni di ordine religioso e politico.
Invece l'autrice ci ricorda che i crimini sono stati commessi da persone che potevano, in tutta tranquillità, puntare e sparare ai passanti che attraversavano la strada e poi riprendere l'interrotta  partita a carte, telefonare a casa e chiedere notizie dei propri figli. Ci ricorda che Sarajevo è stata bloccata da un embargo che l'ha penalizzata, togliendole la possibilità di difendersi, mentre intorno si affacendavano, più o meno, le cosiddette forze di pace dell'ONU, tra veti incrociati, incontri segreti e altrettanto segrete alleanze e spartizioni. Ci ricorda la "selvaggia carneficina" di Srebrenica, per cui le parole sono insufficienti a renderne l'efferatezza.
Clara Uson  ne La figlia, combina magistralmente linguaggio documentale e narrativo, ne risulta un libro che dovrebbe essere consigliato alla lettura nelle scuole secondarie perché potrebbe suscitare interessanti confronti fra studenti.
Per tutti/e, un'occasione per fare chiarezza sui tanti equivoci che ancora permangono nelle nostre opinioni intorno ad una guerra che tutto è stata tranne di religione.
Al proposito, sempre attuale (anche se pubblicato nel 1996, prima della conclusione del conflitto), e magari un po' ridondante e ripetitivo,  Maschere per un massacro, di Paolo Rumiz.


La vita privata di Giulia Schucht, Lucia Tancredi, ev, 2012.
La figlia, Clara Uson (traduz. di Silvia Sichel), Sellerio, 2013.
Maschere per un massacro.Quello che non abbiamo voluto sapere della guerra in Jugoslavia, Editori Riuniti, 1996 (ripubblicato da Feltrinelli, 2011).


Una più ampia recensione di La vita privata di Giulia Schucht è pubblicata su
Leggere Donna n°162/2014