Quentin Blake per Mathilda di Rohald Dahl

mercoledì 30 gennaio 2019

Rocco Schiavone



Diretto, non di rado scurrile, sfuggente nelle relazioni personali, il vicequestore Rocco Schiavone affonda nella neve della Valle d'Aosta con le sue Clarks, senza mai abituarsi ai colori e alle temperature così diverse dalla sua Roma in Trastevere. In Fate il vostro gioco  deve risolvere un caso di omicidio che pare strettamente legato al Casino di Saint Vincent, ma la soluzione si presta ad altre indagini che vengono poi effettuate nel corso di Rien ne va plus, dopo la sparizione di un furgone portavalori.
Uno stile relazionale apparentemente freddo e distaccato quello di Rocco, in realtà attento ai problemi dei suoi collaboratori e vicini di casa, profondamente generoso ma senza smancerie, combatte  tristezza e solitudine anche con l'aiuto di qualche spinello e l'affetto per il suo cane, Lupa. Dialoga con la moglie morta come fosse ancora viva e ha rapporti occasionali e sprezzanti con altre donne, in seguito a una relazione recente che l'ha sconcertato e deluso. Ha un tarlo che lo rode e affiora nei rapporti con i superiori e gli amici romani ed è difficile dimenticarlo, grazie anche alla fiction andata in onda su Rai2 (due serie, dieci puntate dal 2016) che gli ha dato una fisicità corrispondente alle descrizioni dell'autore, Antonio Manzini.
Ancora saldamente fra i libri più venduti in queste settimane, semplici da portare con sè per il comodo formato tascabile, che Sellerio rende sontuoso con la scelta di  carta e colore piacevoli. Da non leggersi solo come due fra i tanti polizieschi, a mio sindacalissimo parere, perché vi si tratta il problema della ludopatia, piaga sociale di cui non si parla abbastanza.


Fate il vostro gioco, Antonio Manzini, Sellerio, 2018.
Rien ne va plus, Antonio Manzini, Sellerio, 2019.

martedì 29 gennaio 2019

La mennulara


Con il romanzo La Mennulara esordì nella narrativa Simonetta Agnello Hornby, avvocata di origini siciliane, stabilita a Londra da decenni. Il successo del libro fu dirompente e altri titoli  seguirono (di cui mi sono già occupata in questo blog) facendo meritare all'autrice un posto di rilievo nella letteratura italiana contemporanea. Ora la storia di Maria Rosalia Inzerillo, con tutti i misteri che la circondano, è diventata un graphic novel, disegnato da Massimo Fenati.
Ambientato negli anni sessanta del Novecento, nel paese di Roccacolomba, propone una ricca schiera di personaggi intrecciati da parentela e interessi, non manca neppure il boss mafioso, i cui legami con la protagonista non sono chiari.
Ma ben delineata e forte è la personalità della Mennulara, energica, intraprendente, ricca e misteriosa. Da raccoglitrice di mandorle, da cui il soprannome, a "serva", si arricchisce e riscatta da una vita che non le prometteva nulla, dimostrandosi generosa e al di sopra delle malignità che la circondano.
Una figura di donna forte, antica e moderna insieme.

La Mennulara, Simonetta Agnello Hornby, Massimo Fenati, FeltrinelliComics, 2018.
La Mennulara, Simonetta Agnello Hornby, Feltrinelli, 2002.

giovedì 24 gennaio 2019

Louisa Alcott


Capita che l'interesse per un'autrice o un autore del passato si riaccenda per effetto di un anniversario, nascita-morte-prima-ultima opera pubblicata, allora scattano le ristampe, le riletture, i nuovi saggi e le nuove edizioni delle opere, queste ultime giustificate magari dall' ormai sopraggiunta scadenza dei diritti d'autore.  Quale ne sia il motivo,  pare sempre utile tornare con occhi diversi sulle pagine scritte in un  tempo che non ha visto la loro creazione. Ė un'attività che scongiura il consumismo culturale, secondo cui si considerano solo testi appena usciti in libreria o che usciranno a breve, salvo decretarne l'obsolescenza di lì a poco per il pantagruelico appetito editoriale corrente, impossibile da digerire, in quanto lettori e lettrici, e inesorabile per l'effetto oblio, in quanto autrici e autori.


Per Louisa Alcott (Germantown 1832 - Boston 1888) nel 2018 si è ricordato  il centocinquantesimo dalla pubblicazione del suo Piccole Donne con una notevole enfasi alla saga della famiglia  March, ma si dimentica che fu un editore a proporgliela,  dopo che l'autrice si era già resa discretamente famosa per la pubblicazione di un memoir, rielaborato da lettere spedite ai suoi cari,  e scritto quando prestava servizio come infermiera durante la Guerra di Secessione, il vivace Hospital Sketches (1863- riveduta nel1869), niente di più lontano, come stile e ritmo, dal suo romanzo più famoso, il moraleggiante, solo a una prima lettura,  Little WomenPer quanto si cerchi di giustificare diversamente  il senso, Piccole donne fu scritto su specifica richiesta, accolta perché l'autrice era bisognosa di denaro. Fu un inaspettato successo anche se Alcott non aveva mai pensato di scrivere per l'infanzia, e nutriva molti dubbi sulla possibilità di riuscirci, invece  fu premiata da un'improvvisa notorietà  che le procurò un meritato benessere dopo lunghi anni di lavoro e dedizione alla famiglia, impieghi tra i più vari per necessità, e scrittura sempre, ragion per cui si trovava  indebolita nella salute e un poco stremata negli entusiasmi. Louisa Alcott, chiamata in famiglia Lou,  fece  la governante, l'infermiera, la domestica, l'istitutrice, la dama di compagnia e vegliava fino a tardi per scrivere novelle e progettare romanzi. Forse per questo ci ha regalato un'eroina come Jo March che, come lei,  è sempre indaffarata. 
Piccole donne e Piccole donne crescono, scritti a breve distanza, sono un corpus unico di romanzo di formazione e apparentemente trasudano tutti i contenuti della femminilità  che si immola per il prossimo, ma se ne coglie presto l'ambiguità perché Jo stupisce da centocinquant'anni per il rifiuto di sposare il bello, ricco e pieno di pregi Laurie, solo per conservare i suoi sogni. E non esita a vendere la sua chioma per  procurare il denaro che serve a un viaggio della madre. Jo è completamente anomala tra le ragazze per bene, è lamentosa, scorbutica, dice parolacce e ha vestiti bruciacchiati, con l'aggravante di essere negata per la cucina. Su Jo come alter ego di Alcott sono state scritte tante pagine, ma vale  la pena di ricordare che tutto il romanzo fu ispirato dalla sua famiglia, quattro  le sorelle Alcott (Anna, Louisa, Lizzie, May),  quattro le sorelle March (Meg- Ann,Jo-Louisa, Beth-Lizzie, Amy-May), ). Un evidente omaggio alla madre lo rese nel tratteggiare la personaggia della signora March. In generale, caratteri e vicende narrate esprimono una somiglianza  sempre tendente alla perfezione, quasi Lou avesse voluto scrivere della sua famiglia come avrebbe voluto che fosse, non come fu nella realtà. E un'altra ambiguità di fondo percorre  tutto il romanzo, perché appare come un aperto invito alle giovinette a coltivare il loro carattere e i loro interessi e, nel contempo, sostiene il ruolo di sposa  e madre, sottolineando però le rinunce che le attendono, specie se sono creative ed estroverse. Alcott non promuove affatto lo spirito di sacrificio, come vorrebbe una certa lettura superficiale delle sue pagine, e suggerisce piuttosto il conflitto tra lavoro e ambizione, disciplina e desiderio. Del resto Alcott figura essersi iscritta al Movimento Suffragista d'America e non era estranea alle tematiche di rivendicazione dei diritti delle donne già a partire dall'amicizia e dagli insegnamenti ricevuti da Margareth Fuller.
Ma non si può neppure trascurare l'influenza che ebbe la sua ingombrante famiglia nella  formazione e per tutta la vita. Un padre filosofo autodidatta che si rifaceva alle idee di Pestalozzi, quell' Amos Bronson Alcott, tanto convinto e assorto nei suoi ideali da assentarsi frequentemente per seguire studi e conferenze, che arrivò persino a mettere a repentaglio l'incolumità dei suoi cari quando li coinvolse nell'impresa utopistica della comune di Fruitlands, dal 1843 al 1845. Dovevano vivere dei prodotti della terra e rifuggire da tutte le comodità, nutrendosi solo di cibi non provenienti dagli animali. Fu la saggia madre, Abygail May, detta Abba,  a deciderne la conclusione. Anni dopo, ormai affermata scrittrice, Alcott tornò su quell'esperienza scrivendo Transcendental Wild Oats (1981). Amos Bronson era seguace del Trascendentalismo, non una dottrina ben definita, ma con idee come l'unità di tutte le religioni, la natura negativa del male, la libertà dei singoli,  e valori come la tolleranza, l'ottimismo, il disprezzo della tradizione e dell'autorità.  Con la moglie condivideva anche  l'auspicio per il voto alle donne e per  l'abolizione della schiavitù. Ralph Waldo Emerson, amico di famiglia che li supportò sempre nei momenti di difficoltà economiche,  Henry David Thoreau, Walt Whitman, William Ellery Channing, Nathaniel Hawthorne, la femminista Margareth Fuller e  altri intellettuali frequentavano la famiglia Alcott e condividevano tali principi. Lou e le sorelle crebbero perciò in un ambiente povero di risorse materiali ma  culturalmente molto stimolante e, pur non frequentando la scuola,  ebbero maestri eccellenti. Le precarie esperienze di insegnamento del padre non fornivano sufficienti mezzi di sussistenza alla famiglia e per Lou, come per  le sorelle, si pose presto il problema di lavorare per contribuire all'economia famigliare. In controtendenza con i tempi, ma in accordo con il loro credo valoriale, gli Alcott incoraggiarono le loro figlie a trovare la loro strada nella vita lavorando.  La stessa Margareth Fuller suggerì a Lou di non trascurare le attività di cucito, essendo un'ottima disciplina che dava la possibilità di pensare e rielaborare le esperienze personali. Ma Lou desiderava soprattutto scrivere e il suo primo volume pubblicato fu Flower Fables del 1855 (Fiorita di favole) che, scrivendo alla madre, chiamò affettuosamente "il suo primo figlio", chiedendole di riservargli l'indulgenza che si concede, appunto,  a un nipote.
Gli anni peggiori per gli Alcott furono proprio quelli tra il 1850 e il 1860. Lou vide infrangersi i suoi sogni di attrice e dovette accettare l'allontanamento delle sorelle: il dolore della  morte di Lizzie, nel 1858, il fidanzamento di Anna, poi la partenza di May, che andò a studiare pittura a New York.  Riuscì infine a ritrovare la motivazione e l'energia per un nuovo progetto, la scrittura del romanzo Moods (Mutevoli amori o Capricci, in italiano), sopportando anche la critica negativa di Henry James sulla rivista North American (101, luglio 1865). Moods, a lei particolarmente caro, in realtà vendette pochissimo. L'autrice aveva già scritto romanzi e racconti gotici, romantici, fantastici,  firmati con altro nome, tale A. M. Barnard. Il pretesto glielo fornì un settimanale, il "Frank Leslie's Illustrated Newspaper" che mise in palio cento dollari come compenso per un  racconto a tinte forti. A vincerlo fu proprio lei con  Pauline's Passion and Punishment, 1863,  pubblicato anonimo, considerato il primo di una serie che continuò fino al 1869. Lou si dilettava a scrivere storie intricate, che il padre non avrebbe approvato, eppure vendevano bene e fornivano un income utilissimo per la sua famiglia. Alcuni scritti furono scoperti solo dopo la sua morte, come The Inheritance (L'Eredità), ritenuto, a ragione, il suo primo romanzo, scritto quando Lou era appena diciassettenne.
Louisa Alcott è stata troppo a lungo ricordata unicamente per l'edificante ciclo Marchano, ma scrisse molto altro, coltivò più generi e non accettò censure, celandosi dietro  pseudonimi per pubblicare, in modo da  rispondere alle necessità economiche della famiglia, come si è detto, e per il gusto innato di andare oltre le convenzioni. Purtroppo aveva contratto, durante la sua esperienza di infermiera, un'infezione di Tifo, curata con un farmaco a base di mercurio, che le causò un lento e progressivo avvelenamento ma, prima di morire, fece in tempo a occuparsi  della nipote Lulu, figlia della sorella May, che era mancata improvvisamente. Il suo attaccamento ai famigliari, la sua volontà instancabile nell'aiutarli , fornì una chiave di lettura della sua vita  e della sua scrittura che non corrisponde alla molteplicità e varietà della sua opera, segnata piuttosto da una modernità stridente per il suo tempo, celata sotto l'ambiguità dei toni, dal pedagogico al sentimentale, ma sempre saldamente dalla parte delle donne.

Bibliografia essenziale

Il ciclo della famiglia March comprende:
Little Women (1868), Piccole donne.
Good Wives (1869), Piccole donne crescono.
Little Men (1871), Piccoli uomini
Jo's Boys (1887), I figli di Jo.

La prima opera che ebbe notorietà e visibilità:
Hospital Sketches (1863)
Hospital Sketches. Le tragicomiche avventure dell'infermiera Tribulation Perwinkle, traduz. e cura di Sara Grosoli, prefaz. di Daniela Matronola, testo inglese a fronte, L'Iguana editrice, 2018.

Scelti tra i libri di Louisa Alcott:
Racconti d'amore e di guerra (Hospital Sketches; My Contraband-The Brothers; M.L.), a cura di Sara Antonelli, Donzelli Editore, 2008.
Dietro la maschera o il potere di una donna (Behind a Mask or a Woman's Power; How I Went out to Service),  a cura di Sergio Calderale, Robin Edizioni, 2009.
L'eredità (The Inheritance),  traduz. e cura di Valeria Mastroianni e Lorenza Ricci, Jo March Edizioni, 2005.
Una ghirlanda per ragazze (A Garland for Girls, 1888), flower-ed, 2017.

Alcuni studi:
Processi formativi e narrazione. Identità e progettualità del sé rileggendo un'autrice del passato: Louisa May Alcott, Marina De Rossi, Cleup, 2003.
Le protagoniste (The  Heroine's Bookshelf), Erin Blakemore, traduz. di Elisabetta Stefanini, Castelvecchi, 2011.
Non ho paura delle tempeste. Vita e opere di Luoisa May Alcott, Romina Angelici,  flower-ed, 2018.
Louisa May Alcott. Un ricordo, Lurabel Harlow, traduz. di Mary Whitfield, flower-ed, 2016.
Alcott, a cura di Ottorina. Barbafiera, Le Monnier, 1960.
Piccole donne in cucina. Scene di vita familiare nel capolavoro di Louisa M. Alcott, Elisabetta Chicco Vitizzai, Il Leone verde Edizioni, 2012.

Cosiddetti "derivati":
Arrivederci piccole donne, Marcela Serrano, Feltrinelli,2004.
Piccole donne oggi, Angela Nanetti, Nuove Edizioni romane, 2012.

pubblicato su
Leggere Donna n°183/2019
















sabato 5 gennaio 2019

Una zuppa di sasso


Prendere spunto da una vecchia favola e farne una storia nuova, sembra il destino dei classici, ma non sempre funziona. Ad Anaȉs Vaugelade è riuscita l'alchimia con Una zuppa di sasso. La storia, come sappiamo,  conosce infinite varianti, quella dell'autrice e illustratrice francese si presta particolarmente a una lettura contemporanea aperta all'inclusione in senso lato.
Una notte d'inverno arriva un lupo e bussa alla porta della prima casa che incontra nel villaggio, dove abita una gallina che, ovviamente spaventata dalla sua presenza, non vorrebbe farlo entrare, ma il lupo sa essere convincente, in fondo chiede solo un po' di calore e la possibilità di fare una zuppa. Nonostante la diffidenza, la gallina lo fa accomodare nella sua casetta e subito il lupo estrae dal suo sacco una grossa pietra, chiedendo una pentola e altro. E qui subentra la comunità tutta del villaggio perché gli animali, uno dopo l'altro, nel sincerarsi che la gallina non sia in pericolo, vengono coinvolti nella preparazione della zuppa portando ingredienti vari. Tutti dapprima sospettosi e poi collaborativi in un'impresa quanto mai insolita, quella appunto di preparare e infine consumare una zuppa nientemeno che con il lupo. La matita dell'autrice non ha tralasciato nulla per enfatizzare il suo aspetto feroce, e gli occhi paiono sempre avere una luce ambigua, tuttavia la serata volge al meglio, fino al brindisi finale, fino al saluto del lupo che, dopo aver saggiato la cottura del sasso, trovandolo ancora durissimo, lo ripone nel suo sacco e lascia la combriccola e il villaggio nel cuore della notte.
Il finale scelto da Anaȉs Vaugelade porta generalmente i piccoli lettori e lettrici a dispiacersi della partenza del lupo, senza peraltro avere alcuna certezza del suo ritorno, forse perché l'atmosfera creata dalla zuppa condivisa ha fatto intravvedere un futuro di amicizia. Come se le buone maniere, l'accoglienza generosa, la compagnia allegra di tutti potessero annullare  le barriere, le paure, i pericoli, le differenze tra gli animali. O quelle tra le persone.
Anche i bambini e le bambine sentono parlare di migranti, di insicurezza e, senza potersi spiegare fatti e problemi, ne fanno però esperienza in qualche misura, sempre filtrata dalla mediazione degli adulti, e questa favola pacificatrice si pone come una narrazione fuori dal coro, senza porre problemi, senza presentare soluzioni, lasciando libera l'immaginazione di piccoli e adulti verso una possibilità a cui tendere.

Una zuppa di sasso, Anaȉs Vaugelade (Une soupe au caillou, traduz. di Anna Morpurgo), Babalibri, 2001.


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