Quentin Blake per Mathilda di Rohald Dahl

martedì 31 marzo 2020

Becoming



Michelle Robinson, ragazza del South Side di Chicago è tipo da «spuntare le caselle»,  affronta con determinazione i problemi che le si presentano, è meticolosa e cura i dettagli. Nata  in una famiglia modesta che  vive in affitto nella casa di una zia, personaggia centrale nella vita di Michelle, incarna la fermezza e il rigore e le insegna a suonare il pianoforte. Il padre  è operaio municipale, la madre si occupa della famiglia e della casa e Michelle cresce, con il fratello,  in una cerchia parentale articolata e affettuosa, incoraggiata a proseguire gli studi, anche se rappresentano un problema economico per i suoi genitori. Tenace, anche se non sempre brillante negli esiti scolastici, dopo la laurea  lavora come avvocata in uno studio importante e, dopo alcuni legami sentimentali,  incontra un uomo con una storia familiare frammentata ma non meno ricca di affetti, ottimista, intelligente, con uno spiccato senso della comunità e un forte desiderio di cambiare il corso della vita a chi gode di meno diritti. Michelle diventa la signora Obama e dopo qualche anno sarà sotto i riflettori di tutto il mondo come la prima First lady nera.
È un libro utile da leggere? Non saprei, in alcune parti, soprattutto nella parte tra il primo e secondo mandato presidenziale di Barack Obama,  ho dovuto trattenere l'irritazione perché  infastidita dai lunghi elenchi di persone e fatti, per tacere dei particolari sulle modalità di scelta degli abiti di Michelle,  la sottolineatura sulla presenza di consulenti di immagine, parrucchiere e truccatore, e poi gli elogi  reiterati allo staff, la costante e ribadita esternazione dell'attenzione per le figlie, in ogni momento, in ogni situazione, insomma qualche ridondanza di troppo.
Come tanti libri di questo tipo, più che un autentico memoir è un'operazione editoriale curata da un numero imprecisato di addetti, basta controllare l'elenco corposo dei "ringraziamenti", e non si intuisce quale parte abbia realmente avuto "l'autrice" nella scrittura. Tuttavia posso capire che la popolarità di cui ha goduto la signora Obama sia stata tale da suscitare molto interesse fino alla curiosità di conoscere la sua infanzia e la sua vita alla Casa Bianca, e il successo di vendita del libro sembra provare tale ipotesi.
La lettura è stata comunque piacevole nelle parti in cui Michelle racconta i progetti e gli sforzi compiuti, come First lady, senza tracimare nell'azione politica.
Il potere di una first lady è uno strumento curioso, inafferrabile e indefinito come ruolo in sé. Eppure stavo imparando a utilizzarlo. Non disponevo di un'autorità di tipo esecutivo. Non comandavo truppe e non dovevo svolgere compiti formali di diplomazia. La tradizione voleva che dispensassi una luce delicata, lusingando il presidente con la mia devozione, lusingando la nazione in primo luogo senza sfidarla. Cominciavo a capire, tuttavia, che se usata con attenzione quella luce era potente.
Michelle aprì al pubblico la Casa Bianca, quell'abitazione storica, dall'aura sacrale,  in particolare ai e alle giovani, ai bambini e alle bambine, con iniziative come l'orto biologico, corsi di autostima rivolti a giovani donne e career days per studenti delle scuole superiori che scoprivano opportunità professionali.  E quando andava nelle scuole situate in quartieri problematici e incontrava ragazze e  ragazzi abituati a confrontarsi con i rischi delle  gang non mancava di sottolineare l'importanza dell'istruzione per il loro futuro.
«Usate la scuola» dissi. Quei ragazzi avevano appena trascorso un'ora a raccontare storie tragiche e sconvolgenti, ma io ricordai loro che quelle storie evidenziavano anche la loro perseveranza, la loro autonomia e la loro capacità di superare le difficoltà. Li rassicurai: possedevano già quello che ci voleva per riuscire.  
Anche il suo impegno per ampliare la copertura assicurativa sulle spese mediche e il miglioramento degli standard alimentari nelle mense scolastiche sono encomiabili.
Mi hanno favorevolmente colpita i profili umani dei suoi genitori, quel padre disabile che non faceva mai pesare in alcun  modo il suo problema di salute e la madre, disposta a lasciare la sua vita e il suo lavoro per trasferirsi alla Casa Bianca e seguire le nipotine. Mi ha divertita  quando rispondeva ai lusinghieri complimenti sulla splendida carriera dei suoi figli dicendo che erano solo due ragazzi  normali e il South Side di Chicago era pieno di ragazzi come loro. Come dimenticare poi che, quando ancora la figlia  non era la moglie del Presidente, andava a casa sua alle sei del mattino perché lei potesse andare in palestra, prima di recarsi al lavoro, perché si era appesantita con le due gravidanze e voleva riacquistare la sua forma fisica. Michelle racconta con naturalezza questa disponibilità  della madre, ritenendola necessaria, niente affatto eccezionale, quasi con una punta di lieve cinismo, a mio parere.
Infine mi piace ricordare, di questo libro, quello che diceva Barack Obama
Puoi vivere nel mondo così com'è, ma puoi sempre lavorare per creare il mondo come dovrebbe essere.
e Michelle
Io sono cresciuta con un padre disabile, in una casa troppo piccola, senza molti soldi, in un quartiere sull'orlo della decadenza; ma sono anche cresciuta circondata dall'amore e dalla musica in una città ricca di realtà diverse in un Paese dove l'istruzione ti può portare lontano. Non avevo niente o avevo tutto. Dipende da come decidi di raccontarlo.


Becoming. La mia storia, Michelle Obama (Becoming, traduz. di Chicca Galli), Garzanti, 2018.


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