Quentin Blake per Mathilda di Rohald Dahl

venerdì 13 luglio 2018

Buon compleanno, papà

Credo di essere passata direttamente dal libro di prima elementare ai romanzi ma, beninteso, leggevo e basta, senza capire , soltanto perché alla mia famiglia piaceva sentirmi leggere. Erano anni senza TV, per non parlare di computer, tablet e cellulari. Il televisore è comparso quando ero in prima media e c'era un unico telefono, usato con parsimonia. Il tempo scorreva tra lavoro degli adulti, la scuola per noi, il cortile per giocare e imparare a stare al mondo, le visite dei  o ai parenti, le gite in collina, le vacanze al mare o in montagna, solo in estate,  e i libri. Mia madre leggeva i racconti di Katherine Mansfield e Dorothy Parker, che lei chiamava "novelle", e i romanzi di Alba De Céspedes e Fausta Cialente. Mio padre rileggeva i Promessi Sposi e libri d'arte. Io attingevo agli scaffali dei miei fratelli e alle pile di libri ereditati dalle mie cugine. Ero la lettrice ufficiale della famiglia perché i miei fratelli, già grandi,  snobbavano la mansione, mia sorella era troppo piccola e io mi sentivo gratificata nel leggere ad alta voce. A ripensarci, devono aver riso tutti di me, ma erano bravi a non farsi scoprire, e io troppo ingenua e compiaciuta del ruolo. Potrei proseguire con questo "amarcord" ma vorrei arrivare al punto. Spingevo uno sgabello imbottito, che chiamavamo pouf, accanto al lettone dei miei genitori, mi ci sistemavo con un libro, o librone, sulle ginocchia e facevo compagnia a mio padre, nei lunghi periodi in cui era malato e costretto a letto. Girava per casa un'edizione integrale de I Promessi Sposi con le illustrazioni di De Chirico, naturalmente era l'unica considerata da mio padre e io me la vedevo con le gride e i discorsi dell'Azzeccagarbugli, a volte graziata da un "salta pure questa parte", per fortuna, aspettando soltanto il momento in cui mi avrebbe chiesto:"Che cosa vuoi leggermi?". Allora partivo con i miei titoli, tutte storie già raccontate da mia madre, poi leggiucchiate, sulle cui immagini fantasticavo: Piccole donne, L'isola del tesoro, Il prigioniero di Monteforte, La piccola principessa, La piccola Dorrit, Il piccolo lord (tutti "piccoli"!), Il lampionaio... "Ecco, Il Lampionaio!"
fermava il mio elenco, che poteva spaziare a lungo e si disponeva ad ascoltare di buon grado. Questo romanzo era uno dei miei preferiti, e lui lo sapeva, una storia vittoriana di orfanezza e abbandono, che io immaginavo ai giorni nostri, priva com'ero di profondità storica, e poi facevamo mille considerazioni, rispondeva alle mie domande, interveniva mia madre con le sue opinioni e se ne riparlava per giorni. Dai libri scaturivano anche battutacce dei miei fratelli, citazioni più o meno a proposito, i nomi dei personaggi, italianizzati,  venivano attribuiti alle persone conosciute, per affinità fisica o di carattere, insomma le storie entravano nella nostra vita e la nostra vita era intessuta di tutte le storie che leggevamo.
Anni dopo, ormai adulta, rivalutai questi titoli per interessi legati al mio lavoro e scoprii che Natalia Ginzburg aveva letto, per esempio,  Il Lampionaio,  e se l'era ricordato mentre raggiungeva suo figlio a Boston, dove appunto è ambientata la storia. La mia predilezione infantile fu immediatamente nobilitata.
Conservo ancora questo e molti altri libri di quegli anni, hanno le copertine danneggiate e le pagine sfuggenti, ma intatte sono le memorie di quei pomeriggi con mio padre. Non l'ho mai ringraziato per i suoi regali, né posso farlo ora, eppure mi ha donato tanto affetto, mi ha dato un esempio di disciplina, di etica, e mi ha trasmesso l'amore per la lettura.  E anche la passione per l'arte, benché non ne abbia il talento, andato tutto a mia sorella.
Oggi sarebbe stato il suo compleanno, anche se lui preferiva festeggiare l'onomastico, vorrei rivolgergli un augurio, ma  posso solo ancorarmi al ricordo, che sopravvive e, in qualche modo, avvicina.


Libri ricordati
I Promessi Sposi, Alessandro Manzoni, illustraz. Giorgio De Chirico, Palazzi, 1964.
Il Lampionaio, Mary Susan Cummins (The Lamplighter,1855), trad. Mariangela Caronni, illustraz. Bartoli, Fratelli Fabbri Editori, 1955.
Il prigioniero di Monteforte, Dino Risi e Andrea Cavalli Dell'Ara, Fratelli Fabbri Editori.
Piccole donne, Louisa May Alcott (Little Women, 1868). Non riesco a trovare la mia vecchia edizione, ma ho ripescato:
Piccole donne crescono, illustraz. Buffolente, copertina Corbella, Caroccio, 1953. La traduzione non è segnalata.
E poi questo, che mi fu regalato da mio fratello Franco, con tanto di dedica:
I figli di Jo, trad. De Mattia, illustraz. Buffolente, Caroccio, 1961.
La piccola principessa, Frances Hodgson Burnett (A Little Princess, 1905), introvabile il testo che mi piaceva tanto, piuttosto distante dall'originale perché risentiva della versione cinematografica con Shirley Temple.
La piccola Dorrit, Charles Dickens (Little Dorrit, 1855), trad. Emma Mozzoni, illustraz. Nardini, fratelli Fabbri Editori, 1955.
Il piccolo lord, Frances Hodgson Burnett (Little Lord Fauntleroy, 1886), a cura di Rino Valdaposa, illustraz. A. Abbati e P. Bernardini, Edizioni Giuseppe Malipiero, 1954. Questo "a cura di" la dice lunga sulla distanza dal testo originale, praticamente una riscrittura, come si usava negli anni Cinquanta.
L'isola del tesoro, Robert Louis Stevenson (Trasure Island,1883), trad. Bruno Paltrinini, illustraz. Jacono, Fratelli fabbri Editori, 1955.