Mario Lodi cominciò a insegnare nella scuola primaria nell'immediato dopoguerra, quando il nostro Paese era da ricostruire sulle macerie dei bombardamenti e i danni della dittatura. L'infanzia era tristemente provata non meno delle persone adulte, a scuola bambini e bambine non andavano volentieri, portavano i loro lutti da elaborare e i problemi economici delle famiglie. Lodi credeva in una scuola libera e democratica e li osservava chiedendosi come potesse agire per far breccia nella loro attenzione, motivarli alla frequenza e, soprattutto, farli crescere come cittadini e cittadine consapevoli dei diritti e dei doveri previsti dalla nostra Costituzione.
Nella
didattica vigevano ancora modalità autoritarie e strettamente nozionistiche,
perciò era guardato con sospetto, ma lui
diventò presto un esponente di spicco
del MCE (Movimento di cooperazione educativa), che si rifaceva ai metodi di
Célestine Freinet: testo libero,
giornalino di classe, corrispondenza
interscolastica e ricerca ambientale. Lodi riconobbe anche centralità al linguaggio
grafico-pittorico, lasciò spazio alla musica, al teatro e all'espressione di emozioni e paure, in costante dialogo con le
sue classi.
C'è speranza se questo succede al Vho (1963) e Il paese sbagliato (1970) sono resoconti minuziosi delle attività che proponeva e, tra le righe, si legge la fatica di operare le scelte adeguate alla situazione e la solitudine di compiere un percorso talmente nuovo da essere fatalmente incompreso.
...Un giorno, osservando dalla finestra della mia aula, giù in cortile, i ragazzi che vivevano liberi, felici, feci un confronto con loro stessi qui, nei banchi in cui erano obbedienti, rassegnati, senza idee, mentre laggiù erano vivi e riccchi di fantasia. Da quel giorno io dissi basta a un vecchio tipo di scuola, la scuola autoritaria dove io comandavo e loro obbedivano, per incominciare un nuovo tipo di scuola in cui, liberando i ragazzi liberavo anche me, davo un senso alla vita, cessavo di farne in un certo senso dei piccoli schiavi....E poi la bellezza di non comandare, specialmente ai bambini ai quali comandano tutti.
Un altro suo libro di grande successo è Cipì (1972), la storia del passero eroico diventata ormai un classico della letteratura per l'infanzia, racconto nato dall'osservazione quotidiana delle bambine e dei bambini, dai vetri della loro aula, alla scoperta del dramma della vita.
C'era una volta (e c'è ancora) un piccolo paese disteso nel verde e al sole: nel paese c'era un palazzo alto alto e sul tetto del palazzo, nascosta sotto una tegola, una passera covava tre sue uova piccine, senza abbandonarle mai.
C'è speranza se questo succede al Vho (1963) e Il paese sbagliato (1970) sono resoconti minuziosi delle attività che proponeva e, tra le righe, si legge la fatica di operare le scelte adeguate alla situazione e la solitudine di compiere un percorso talmente nuovo da essere fatalmente incompreso.
...Un giorno, osservando dalla finestra della mia aula, giù in cortile, i ragazzi che vivevano liberi, felici, feci un confronto con loro stessi qui, nei banchi in cui erano obbedienti, rassegnati, senza idee, mentre laggiù erano vivi e riccchi di fantasia. Da quel giorno io dissi basta a un vecchio tipo di scuola, la scuola autoritaria dove io comandavo e loro obbedivano, per incominciare un nuovo tipo di scuola in cui, liberando i ragazzi liberavo anche me, davo un senso alla vita, cessavo di farne in un certo senso dei piccoli schiavi....E poi la bellezza di non comandare, specialmente ai bambini ai quali comandano tutti.
Un altro suo libro di grande successo è Cipì (1972), la storia del passero eroico diventata ormai un classico della letteratura per l'infanzia, racconto nato dall'osservazione quotidiana delle bambine e dei bambini, dai vetri della loro aula, alla scoperta del dramma della vita.
C'era una volta (e c'è ancora) un piccolo paese disteso nel verde e al sole: nel paese c'era un palazzo alto alto e sul tetto del palazzo, nascosta sotto una tegola, una passera covava tre sue uova piccine, senza abbandonarle mai.
Mario Lodi era nato a Piadena, in provincia di Cremona, nel 1922 e si diplomò all'istituto magistrale nel 1940 ma, per la sua posizione politica, finì in carcere. Nel 1948 ottenne la nomina nei ruoli della scuola elementare e cominciò la sua attività di docenza a S. Giovanni in Croce, passò poi a Vho, dove rimase fino al pensionamento. All'insegnamento affiancò sempre una ricca produzione narrativa e saggistica, si occupò di biblioteche e collaborò a riviste.
Ricevette
importanti riconoscimenti, tra cui la Laurea
ad honorem, conferitagli dall'Università di Bologna nel 1999, la nomina di
Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel 2003 e
il Premio Unicef nel 2005.
Si
è spento nel 2014, la sua eredità di pensiero e opere è oggi mantenuta viva
dalla Casa delle Arti e del Gioco che fondò a Drizzona, nel 1989, oggi punto di
riferimento per la formazione di professionisti/e dell'educazione.
Mario
Lodi, con Gianni Rodari, sono stati il mio faro pedagogico, non perché sia
riuscita a insegnare come Lodi e usare la fantasia come Rodari, ma almeno
sentivo che si poteva cambiare il modo di fare scuola perché qualcuno era
riuscito a farlo, nonostante l'ostilità di colleghi, colleghe e direttori didattici, l'incomprensione dei
genitori e i balzelli di leggi e circolari avverse.
Il
maestro Mario Lodi ha tolto alla "missione" docente tutta la sua
pomposa retorica, assegnandole invece un senso più creativo e laico.
Il paese sbagliato, Mario Lodi, Giulio Einaudi Editore, 1970.
C'è speranza se questo succede a Vho, Mario Lodi, 1963
Cipì, Mario Lodi, 1972.
Mario Lodi maestro, a cura di Carla Ida Salviati, Giunti, 2011.
Biblioteca di lavoro per la scuola elementare, a cura del gruppo sperimentale coordinato fa Mario Lodi, Manzuoli, 1973.
già pubblicato su
https://vitaminevaganti.com/2020/02/15/il-maestro-mario-lodi/
Il paese sbagliato, Mario Lodi, Giulio Einaudi Editore, 1970.
C'è speranza se questo succede a Vho, Mario Lodi, 1963
Cipì, Mario Lodi, 1972.
Mario Lodi maestro, a cura di Carla Ida Salviati, Giunti, 2011.
Biblioteca di lavoro per la scuola elementare, a cura del gruppo sperimentale coordinato fa Mario Lodi, Manzuoli, 1973.
già pubblicato su
https://vitaminevaganti.com/2020/02/15/il-maestro-mario-lodi/
Giovedì 27 febbraio sono al Timna Park, nel deserto del Negev, Israele, e la mia anima vagabonda rimette insieme i pezzi del suo presente irrequieto a duemila e più chilometri da casa. E tu parli di Mario Lodi, il mio maestro e amico del Movimento di Cooperazione educativa di cui ho fatto parte per lunghi anni!! Un pezzo della mia storia. Da lui ho appreso a guardare i bambini negli occhi, a cercare di sviluppare in loro abilità critiche, di stimolare la voglia di imparare costantemente, di trasformare la realtà in un evento da cui trarre una riflessione. Ho imparato e insegnato a dare importanza alle cose. A cercare la poesia dove sembra che non ce ne sia. Quanti incontri e quante riflessioni con Mario! E poi al lavoro. Osteggiati da tanti colleghi e colleghe che non sopportavano facilmente quel rapporto non formale, anche se sempre reciprocamente rispettoso, tra alunni e docente. Quel rapporto sempre pronto a dare nuovi frutti e, per di più, anche nuovi motivi di sorridere e ridere insieme ai ragazzi. Confesso, gli adulti sono infinitamente più noiosi dei bambini e dei ragazzini!
RispondiEliminati ringrazio, Donata, per la tua testimonianza. Siamo, tu e io, quella generazione, appena più giovane di Mario Lodi, che ha creduto in una scuola creativa con al centro i bambini e le bambine e che ha cercato di modulare l'insegnamento senza sacrificare le arti, le emozioni e l'umorismo. La scuola ora è cambiata, pare, e molto prima del Covid. Credo si debba ripartire da insegnanti che amano il loro lavoro e continuano a imparare ogni giorno, con e come i loro allievi e allieve. Ma questo non è più compito nostro.
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