Leggere La ragazza con la Leica non è
piacevole e può risultare anche arduo. L'autrice, Helena Janeczek ha voluto proporre la storia di Gerda Taro, al secolo Gerda Pohorylles (1911 - 1937),
secondo la memoria degli amici, veri o presunti, che, a diverso titolo, le sono stati vicino e
l'hanno amata. Tuttavia, il contesto geografico di provenienza dei personaggi, e
quello storico in cui si muovono, ampiamente descritti, nello svolgersi dei destini individuali, le scelte politiche, di necessità e affettive
compiute, compone un affresco del periodo tra le due guerre alquanto involuto. E quello che manca, in questo
coro prevalentemente maschile di amici e amanti, mi dispiace sottolinearlo, è
proprio la voce di Gerda. Capisco la scelta dell'autrice, però non l'approvo, e
romanzando per romanzare, avrei preferito cogliere il piglio di questa giovane
donna, anticonformista e tuttavia rimasta a lungo nell'ombra del più celebre
Robert Capa, suo compagno per un periodo della vita, al cui nome viene legata. Gerda si innamora di Endre
Friedman, comunista ed ebreo, e nasce
quel fortunato sodalizio che li porta alla notorietà come studio Capa-Taro,
marchio inventato da loro due per
"americanizzare" lo studio
fotografico e poter accedere a importanti commesse di lavoro. Persino la fine del loro rapporto non impedisce a Capa di utilizzare le foto di Gerda, anche dopo la sua morte, fino a creare notevoli dubbi sulle rispettive attribuzioni.
Che spreco, l'appiattimento
sulla figura di uno dei suoi compagni, per una donna giovane, vitale, determinata e bella come Gerda, che
arriva a Parigi, lei nativa di Stoccarda, di famiglia ebrea polacca, con una buona conoscenza del
francese, un particolare savoir faire
e l'indipendenza economica. Nel
variegato gruppo di esuli che frequenta, infatti:
«È l'unica tra loro arrivata a Parigi con un mestiere in
tasca, si era tenuta a galla con la macchina da scrivere. Finché le sue dita
ormai lievemente incallite nei polpastrelli (ma forse Gerda esagerava) non
avevano abbracciato il corpo compatto di una macchina fotografica» (pag.37).
Il rapporto con
Capa è funestato dall'atteggiamento libertino di lui, e mentre questi segue a
Parigi i rapporti con le loro agenzie, Gerda parte per la Spagna dove realizza il suo
importante reportage nella battaglia
di Brunete, vicino a Madrid, luglio 1937. Proprio al ritorno dal fronte rimane
vittima di un incidente, su cui non è mai stata fatta piena chiarezza. Muore a
ventisette anni e il suo corpo è trasportato a Parigi, compianta da una folla enorme e sepolta al Père
Lachaise.
Francamente mi aspettavo di più da questo libro. Ormai la vita e le fotografie di Gerda sono oggetto di studio da un po' di
tempo, e mi pare riduttivo vederla ricordare soltanto come «quella ragazza» che ama «scherzare
e flirtare anche con gli altri» (pag.327), quasi a descriverla fosse uno
sguardo maschile.
L'autrice, Helena Janeczek, anche lei di origini
ebreo-polacche, scrive in italiano e con questo libro ha vinto i premi Strega e Bancarella 2018. Il
suo lodevole sforzo di documentazione non ha però prodotto, a mio parere, la
magia di catturare l'essenza della figura
di Gerda Taro che rimane una fotografia sbiadita, soffocata nel
vorticoso succedersi di storie a incastro del romanzo.
La
ragazza con la Leica, Helena Janeczek, Guanda, 2017.
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