Quentin Blake per Mathilda di Rohald Dahl

lunedì 22 giugno 2020

Perché rileggere Barbara Pym?

L'abitudine consolidata di incasellare autrici e autori  non funziona per l'autrice britannica Barbara Pym, tanto singolare da sfuggire ai paragoni più arditi, seppure tenacemente cercati. «Allieva di Cechov come e più di Katherine Mansfield»,  meglio «di Thomas Mann», anzi «la Jane Austen del XX secolo, con molto di Agatha Christie». Tutti paragoni che su di lei sembrano attardarsi per poco e poi scivolare via tanto la sua penna è sommessa e ironica.

Nacque il 2 giugno 1913 a Owestry, nello Shropshire, una contea al confine con il Galles. Il padre era avvocato e la madre di origine alto-borghese, e fu proprio lei a spronarla a scrivere, a partire dai dieci anni. Barbara studiò a Liverpool e si laureò in Lingua e Letteratura inglese a Oxford nel 1934. Durante la guerra prestò servizio all'Ufficio censura di Bristol e nelle fila delle Wrens (Women's royal naval service). Al termine del conflitto trovò lavoro come ricercatrice all'Istituto internazionale di cultura africana, a Londra, e fu redattrice della rivista Africa.

Da tutte le esperienze trasse ispirazione per i suoi romanzi, il primo pubblicato fu Some Tame Gazelle, nel 1950 (Qualcuno da amare, La Tartaruga, 1994). Seguirono Excellent Women (1952), Jane and Prudence (1953), Less than Angels (1955), A glass of Blessing (1958) poi, inspiegabilmente, il suo editore, Jonathan Cape, e come lui molti altri, si rifiutò di pubblicare  An Unsuitable Attachment, poi pubblicato postumo nel 1982, così come An Accademic Question, che uscì nel 1986. Erano gli anni Sessanta e la sua prosa, priva di ribellismo e passioni forti, ritenuta anacronistica per quei tempi, non attraeva più.  Per l'autrice cominciò un lungo silenzio, un vero e proprio oblio, in cui, nonostante l'amarezza, continuò a scrivere e a dedicarsi al suo lavoro londinese, fino alla pensione, che arrivò nel 1974, allorché decise di andare a vivere, con la sorella Hilary e gli amati gatti,  a Barn Cottage, nel villaggio di Finstock, Oxfordshire.


Ma cosa le veniva rimproverato? Barbara Pym scriveva di amenità come camere d'affitto in edifici condivisi, ristrettezze normali del dopoguerra, pesche di beneficienza,  lavoro e rapporti tra colleghe e colleghi, traslochi, garden party in quartieri non completamente ricostruiti dopo la devastazione della  guerra, cura dei fiori in chiesa, razionamento del cibo, infinite tazze di tè offerte, ricevute e desiderate. Poco importanti le trame, che  vedevano in azione pensionati, impiegate, bibliotecarie, antropologi, curati anglicani da sposare, tipi e tipe eccentriche, persone non  particolarmente belle, eppure affascinanti, donne incuranti del loro aspetto, che magari indossavano vestiti smessi da altri, molto attive in parrocchia.  Scriveva di zitelle sicure di sé, quando ancora la parola single non le designava, che sapevano vivere senza un uomo, un amore, dignitosamente sole, o che anelavano ad affetti pacati con uomini apparentemente noiosi,  donne che coltivavano molti interessi, attive nella comunità accademica, o in campagna, o in parrocchia. Insomma  "donne eccellenti", come il titolo del suo più celebre romanzo (La Tartaruga, 1985, il primo tradotto in italiano). Raccontava una vita apparentemente tranquilla che nascondeva nevrosi e rimpianti, sublimati nella devozione, o nell'impegno personale, nelle buone maniere o nel pettegolezzo appena accennato. Un mondo molto british dove non scoppia la tragedia e la quotidianità,semplicemente banale, è  pur sempre un'opportunità di vita.


A ridarle notorietà sopraggiunse la segnalazione delle sue opere, nel 1977,  da parte di due personalità della cultura come Lord David Cecil e del poeta Philip Larkin, che la definirono l'autrice più ingiustamente sottovalutata del secolo. Così le si riaprirono le porte delle case editrici e vennero ristampati i romanzi precedenti. Manoscritti coperti di polvere videro infine la luce, come Quartet in Autumn (1977) e The Sweet Dove Died (1978). Nel nostro Paese tra i suoi estimatori vi furono Carlo Fruttero e Franco Lucentini che la fecero conoscere a Italo Calvino e, sebbene tardivamente, i suoi romanzi furono finalmente tradotti e pubblicati anche da noi.

Barbara Pym godette della sua ormai insperata fama solo pochi anni perché un tumore la stroncò l'11 gennaio 1980. Sua sorella e l'esecutrice testamentaria, Hazel Holt, diedero alle stampe l' autobiografia  A Very Private Eye che raccoglie i diari e molti appunti di scrittura. Furono pubblicati A Few Green Leaves (1980), l'ultimo romanzo, finito appena prima della morte, e due testi scritti negli anni Quaranta, Crampton Hodnet (1985) e Civil to Strangers (1987). Holt, sua amica e collega dal tempo in cui lavoravano insieme a Londra,  ne scrisse  la biografia A Lot to  Ask: A Life of Barbara Pym.

Nel 1986 fu fondata al St Hilda's College di Oxford la Barbara Pym Society, che organizza un convegno annuale, cura  una rivista semestrale e si propone la conoscenza e l'approfondimento delle sue opere. Leggerla ora, a quarant'anni dalla sua morte, riserva ancora piacevoli sorprese per l'ironia leggera che sprizza dai dialoghi intelligenti e garbati, risolti in uno stile limpido, senza fronzoli. 

Si può definirla, a buona ragione, un'autrice senza tempo, ma non è, appunto, la caratteristica dei classici?


già pubblicato su

https://vitaminevaganti.com/2020/05/30/rileggere-barbara-pym/


Nessun commento:

Posta un commento