Il regalo di un amico, un bozzetto scelto dalla sua collezione, raffigurante una donna «seduta con le mani incrociate sul grembo, alla Cézanne» fa compagnia a Patrizia Castagnoli per anni e infine scatena la sua fantasia sulla mano che l’ha tratteggiato. Così comincia la sua lunga ricerca sulla vita e le opere di Ernesta Oltremonti e, da subito, emerge la presenza della pittrice a quattro Biennali veneziane, tra il 1924 e il 1930 e poi a tre Quadriennali romane, dal 1931 al 1939. Nata a Venezia nel 1901 e morta a Roma nel 1982 in circostanze che attirarono l’attenzione della cronaca, secondo cui avrebbe aiutato la sorella a morire, l’autrice trova innumerevoli difficoltà nel ricostruire l’educazione e formazione della pittrice. Inizia ripercorrendo i luoghi in cui abitò, Venezia, Firenze, Roma e Parigi. Dai suoi vagabondaggi novecenteschi a Parigi, nel clima artistico degli anni Venti , proviene una fotografia legata a un articolo dove si parla di lei, datato 14 gennaio 1930, dal titolo Tra gli stranieri a Parigi e come sottotitolo M.lle E. Oltremonti artista pittrice. In esso è sottolineata la capacità costruttiva delle sue opere, l’eleganza del disegno e i colori dei paesaggi, «un tratto vigoroso poco comune in una donna, ha una visione chiara e sincera. Un disegno solido fissa le masse architettoniche e la poesia canta la gioia di dipingere di questa artista italiana». Una traccia importante pare essere il suo rapporto con il pittore Emilio Notte, del cui legame Castagnoli dice «sia stato per la pittrice la storia di un connubio artistico e probabilmente, dopo l’arte, la passione più travolgente».
A ritroso nel tempo, per inseguire rari segni,
o potremmo dire, sfumature, della pittrice, il percorso di Castagnoli si inceppa e progredisce tra mille dubbi e
congetture. Ernesta si trasferì da
Venezia per sottrarsi alle malelingue perché la città non le aveva mai
perdonato la relazione con Emilio Notte, suo maestro e uomo sposato? Fu questo
il motivo per cui venne osteggiata nell’ambiente artistico? Abitò a Parigi in
rue de la Grande Chaumière 15, dove si trovava anche Gauguin, al numero 8, e
Modigliani vi aveva il suo atelier, nella
stessa strada esisteva già dal 1902 l’Académie de la Frande Chaumière,
frequentata da molte artiste straniere, tra cui Tamara de Lempicka. Come mai
Ernesta abitava proprio in quella via, era forse allieva o insegnante
dell’accademia? E la casa di via Verdi 100, a Roma, fu scelta per la
somiglianza con quella veneziana di Calle Vitturi, dove nacque? E ancora, quanto
le apparteneva il titolo nobiliare di contessina
con cui talvolta viene indicata? Il racconto della nostra autrice è una
sorta di cronaca diaristica, tra lettere, indirizzi di vecchie case dove gli
occupanti non ricordano chi li abbia preceduti e poi testimonianze degli
allievi e delle allieve. A un certo
punto, infatti, Ernesta Oltremonti sembra rinunciare alla pittura, attorno agli
anni Quaranta, e dedicarsi esclusivamente all’insegnamento e non sono chiari i
motivi per cui compì tale scelta anche
se pare verosimile la necessità di provvedere al sostentamento della famiglia.
Castagnoli
scrive decine di mail e lettere, si reca personalmente nei luoghi visitati
dalla pittrice, non si rassegna né scoraggia davanti alle dimenticanze delle
persone interpellate e accenna, senza sollevare troppi dubbi, alle ultime
persone che l’accudirono e poi entrarono in possesso dei suoi averi. La sua
sembra essere una condivisione empatica, con l’ipotetico lettore o lettrice,
della vita segnata dall’arte, dal talento e dal desiderio di smarcarsi da un
destino femminile prefissato, quale fu quella della pittrice. Ci spiega che le
opere di Ernesta Oltremonti «appaiono immediatamente comprensibili, ma un attimo
dopo ti accorgi che non c’è nulla di scontato, esiste una regia nel disegno
compositivo che crea l’intima armonia di un’immagine mentale». E per la sua Adamo ed Eva «Di buffo non c’è proprio niente
nel dipinto, anzi direi che l’artificio del manichino trasformato in forme
umane è perturbante nella sua epidermica metamorfosi». Una pittrice in cui si avverte
la lezione di Cézanne e la «luminosità lagunare» e si colgono «equilibri formativi di piani
molto calcolati, proporzioni che cercano l’armonia nell’essenza degli oggetti».
E. Oltre,
il titolo del libro di Catagnoli, è anche la firma di Ernesta Oltremonti, come
appare in molte sue opere e come si ritrova anche nei registri della scuola
romana dove insegnò. Forse una cifra della sua vita, una misura oltre le convenzioni, oltre i condizionamenti culturali e artistici,
per restare «fedele solo a se stessa, alla sua dignità».
E Oltre. Sulle
tracce di Ernesta Oltremonti,
Patrizia Castagnoli, Luciana Tufani Editrice, 2016.
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