Settecentosettantatre pagine
intimidiscono, non c'è dubbio, scomodo portarsele in viaggio e in spiaggia. Che
si tratti di un coffee table book?
No, Qualcosa
sui Lehmann non dispone di illustrazioni e fotografie tali da attrarre
la curiosità dei distratti "sfogliatori" di casa o di passaggio in
qualche sala d'attesa. Eppure il ponderoso volume di Stefano Massini, finalista al Premio Campiello 2017, non
sfigurerebbe su qualche tavolino e spopolerebbe nei reading perché dispone egregiamente alla lettura ad alta voce.
Intanto, è spassoso, grazie all'apparente leggerezza, è ricco di humour sottile, e poi è una ballata, perciò
la lettura corre spedita e veloce
incalzata dal ritmo, dall'effetto sorpresa, dalle ripetizioni incrociate e
sorprendenti, persino dall'evidenza matematica, reale o fasulla, di certe
affermazioni funambolesche e furbissime.
Ma è un romanzo? Così è
scritto in copertina, certo è che la narrazione si sviluppa in modo lineare
raccontando la storia di una famiglia ebrea dalla metà dell'Ottocento alla
seconda metà del Novecento, ma la formula linguistica scelta dall'autore ricorda più l'Odissea che I miserabili
e, per quanti conoscono fortuna e fine in bancarotta di Lehman Brothers,
questa lettura sarà una piacevole scoperta.
Il ventiquattrenne Heyum
Lehmann (con due "n", detto "la testa") sbarca sul molo number four di New York dopo
quarantacinque giorni di traversata. Partito da Rimpar, Baviera, con la
benedizione del padre, allevatore di bestiame, perché faccia fortuna e torni
con molto denaro, si imbarca a Le Havre per un viaggio che lo trasforma da
timido astemio a bevitore e campione di scommesse, con la convinzione di
conoscere il mondo, «Baruch HaShem!»
(Grazie a Dio!). Subito la semplificazione del nome in Henry e la cancellazione
di una enne nel cognome e poi via, lontano dal freddo newyorkese, troppo simile
a quello in Baviera, comincia con un emporio di tessuti e articoli vari a
Montgomery. Raggiunto poi dai fratelli Emanuel ("il braccio") e Mayer
("la patata"), insieme creano l'avventura commerciale e finanziaria
di cui si conosce. Sovrapponendo le loro vite per poco, e facendo succedere
figli e nipoti, dall'Alabama arrivano a New York, passando dal commercio del
cotone all'alta finanza, provando e riuscendo a fare affari con il caffè, il
carbone, le ferrovie, l'arte e il cinema, alternando successi e rovinose
perdite, come nel disastro del 1929. Una storia di famiglia dove le donne sono
figurine ritagliate che vanno giusto bene per dare eredi e proseguire la
dinastia, scelte in ragione della loro modestia e della famiglia di
provenienza.
Eppure, ancorché romanzata
e, probabilmente, resa con ironica bonomia, rimane una storia vera e dentro c'è
tutta l'imprenditorialità geniale del mondo ebraico, la genesi dei self made men americani e la storia
stessa degli Stati Uniti che si fanno caput
mundi, o ci provano.
Qualcosa sui Lehman,
Stefano Massini, Mondadori, 2017.
pubblicato su
Nessun commento:
Posta un commento