Anche la XXVII edizione del Salone Internazionale del libro di Torino si è chiusa con una folla di visitatori e visitatrici superiore o inferiore alle aspettative, molte o troppe critiche e polemiche, una marea di autori e autrici e un cartellone di eventi da leccarsi i baffi, le dita e le mani, per tutti i palati.
Che altri snocciolino percentuali e azzardino valutazioni, meglio qui evitarle e non fare neppure nomi, per non dimenticarne qualcuno e alimentare l'eventuale narcisismo dei segnalati.
Giusto qualche cenno, tra il rebus e la caccia al tesoro perché, in queste occasioni, ci si imbatte in situazioni da godersi fino in fondo.
Come le lunghe attese, in coda, agli eventi, se di sabato e domenica o lo scrittore, sempre un po' nevrotico, che non riesce proprio a limitarsi nell'intervento e, mentre presenta l'ospite straniero e famosissimo, ritaglia per sé un siparietto, tutto compiaciuto.
Quando poi l'autore o l'autrice, che finalmente si riesce a conoscere, o almeno vedere, si rivela diverso/a, magari addirittura antipatico/a, allora le facce, nella folla, volgono verso la mestizia. Ma pazienza, scrive così bene!
A questo appuntamento torinese, dal titolo Bene in vista, paese ospite La Città del Vaticano, c'erano quasi tutti: i giovani, i giovanissimi, gli studenti, i grandi vecchi, i noti, gli ignoti, finanche gli sconosciuti finalisti di Masterpiece, o la SOS Tata che spiegava come essere una buona madre ad un pubblico femminile bisognoso di conferme.
C'erano le start up, gli scrittori che discettavano sulla necessaria e imprescindibile visibilità loro imposta dal bookbusiness, le star televisive prestate alla letteratura e viceversa, persino gli sciocchi che tallonavano gli autori per ottenere un selfie.
C'erano tanti, tanti libri. Sistemati in stand eleganti, con addetti accoglienti e informati, novità editoriali in primo piano, ospiti illustri. Ma anche aree piene zeppe di volumi, sorvegliati da personale silente e distratto, che facevano sembrare il tutto più simile ad un reparto di grande magazzino o ad una gigantesca libreria.
C'era chi leggeva, chi comprava, chi solamente passeggiava, chi ascoltava.
C'erano grandi, piccoli e piccolissimi in un luogo in cui muoversi liberamente e farsi coinvolgere o meno dalla manifestazione, scegliere le proposte, esserci, non solo virtualmente, con la fatica degli spostamenti, il peso dello zainetto sulla spalla, il pensiero del treno da non perdere.
Cultura?
Agli occhi di chi scrive, anche questo Salone è parso, come sempre, uno spazio che promuove la lettura e scusate se è poco.
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