Se ne è andata, Doris Lessing, a novantaquattro anni, tutte le tracce del tempo sul suo volto rimasto bellissimo. Ha scritto "compulsivamente" più di cinquanta opere, meritando il Premio Nobel nel 2007 come "cantrice dell'esperienza femminile". Ma lei ha sempre evitato di farsi porta vessillo delle femministe che l'avevano scoperta solo ne The Golden notebook, del 1962 (Il taccuino d'oro) e in quella formula volevano inchiodarla. Preferì invece sperimentare diversi generi ed esplorò anche la scrittura per il teatro.
Doris May Tayler nacque nell'allora Persia e visse fino alla fine degli anni Quaranta in Rhodesia, da dove raggiunse l'Inghilterra con il manoscritto The grass is singing (L'erba canta) nella valigia. Ha pubblicato i suoi libri con il nome del secondo marito, salvo stupire tutti con The diary of a good neighbour, uscito nel 1983, con il nome Jane Somers, passato inosservato a critica e lettori/lettrici (ne ho parlato nel post De senectute) e riscoperto solo l'anno seguente.
Non desidero enfatizzare l'emozione che mi ha procurato la notizia della sua morte, ma non posso neppure nascondere e nascondermi che Doris Lessing sia stata fondamentale nel mio percorso di consapevolezza come persona. Ho sempre trovato, nei suoi libri, un suggerimento, un motivo per riflettere, approfondire e anche, non di rado, consolazione. Se fossi chiamata a stilare un elenco di preferenze, lei sarebbe in cima.
Malata da tempo, dopo Alfred & Emily del 2008, una biografia fantasiosa dei suoi genitori, aveva annunciato che non avrebbe più scritto, ma il pensiero di lei, nella sua casa londinese colonizzata dai libri, anche lungo le scale, mi faceva compagnia.
Ciao, Doris.
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