Due libri diversi tra loro per scrittura e contenuto, ma legati entrambi al concetto di eredità, nel senso letterale e concreto del termine e nel significato profondo di retaggio culturale e viatico per il futuro.
Una famiglia ebrea, di origini russe, si tramanda, attraverso vicissitudini varie, paesi ed epoche, una collezione di duecentosessanta netsuke.
Se non sapete che cosa sono, alla pag. 21 delle 397 di Un'eredità di avorio e ambra, Edmund de Waal ne fa cenno, senza spiegare proprio tutto, giusto qualche informazione su colori e materiali "più leggeri dell'avorio" e che "c'è una vaga lucentezza sul filo della groppa del lupo striato" inoltre "alcuni hanno intarsi di ambra o di corno per gli occhi". Forse uno stratagemma per accattivarsi l'attenzione di chi legge o un gesto rispettoso per non sottovalutarne la competenza.
Tali netsuke, acquistati a Parigi attorno al 1880, da un lontano zio dell'autore, Charles Ephrussi, passano poi a Vienna, regalati ad un altro parente per le sue nozze, quindi a Tokyo ed infine a Londra, sistemati in una vetrinetta nella casa di de Waal, ultimo erede. Questi, ceramista e storico dell'arte, proprio
a partire da essi, decide di ricostruire la storia della sua famiglia, contestualizzandola nella storia più grande dell'Europa, sconvolta da due guerre e ferita dal passaggio dei nazisti, alle cui razzie, inspiegabilmente, sfugge l'insolita collezione.
Intraprende un vero e proprio viaggio sulle tracce degli Ephrussi, commercianti di cereali e poi banchieri e collezionisti d'arte; visita le città dove vissero, ne descrive le case d'abitazione, spiega le ragioni che ispirarono il loro stile di vita e storia, arte, architettura, urbanistica si fondono in un grande affresco, senza nostalgia né malinconia.
Perché "gli oggetti sono sempre stati trasportati, venduti, scambiati, rubati, recuperati e perduti. Le persone hanno sempre fatto regali. Quello che conta è come racconti la loro storia".
Il diario della bisnonna Rosa motiva Lilli Gruber nel suo itinerario in Sudtirolo alla ricerca della Heimat (patria) che fu dei suoi avi. In Eredità, riassegna toponimi tedeschi alle località, non per sentimento anti-italiano, ma per un gesto di doverosa restituzione, almeno sul piano narrativo, di una memoria geografica negata ad un territorio conteso da Austria e Italia.
E proprio il costo umano della contesa, sempre sottovalutato e ignorato dai decisori politici, affiora con tristezza nel diario di Rosa, nata nel 1877, in una famiglia di proprietari terrieri. Quando comincia il diario, nel 1902, la sua casa è in territorio austriaco ma, come effetto della prima guerra mondiale, nel 1918 passa sotto il governo del Regno d'Italia. Dalla sua stube, Rosa è importante punto di riferimento per la comunità, dirige con polso fermo gli affari e veglia su tutti gli aspetti della vita familiare, sostenuta dalla fede cristiana e da una disciplina di carattere che non verrà mai meno.
Il ventennio fascista porta altri problemi agli abitanti del luogo, quali il divieto di parlare tedesco e l'istruzione obbligatoria impartita in italiano. Un cambiamento radicale di abitudini che, accompagnato dalla progressiva occupazione dei posti più importanti nell'amministrazione pubblica, da parte dei romani, non mancherà di alimentare un profondo malcontento.
L'atteggiamento verso i Welschen, così erano chiamati gli italiani, sfocia in un sentimento di aperta ribellione che trova sfogo nel nazionalsocialismo professato da Hitler: si confida nelle sue teorie per la propria sopravvivenza.
Per risolvere il problema sudtirolese, il regime fascista presenta nel 1939 le famose Opzioni: in pratica i cittadini di lingua tedesca sono liberi di abbandonare casa e proprietà italiane e andare in territorio germanico dove receveranno non ben precisati equivalenti beni. Divisi in Optanten e Dablaider, impauriti dalle incerte prospettive, i sudtirolesi alternano promesse e minacce per convincersi a vicenda, lacerando amicizie e legami familiari.
Il diario di Rosa si interrompe nel 1940, tutto il suo mondo è crollato ma, sottolinea Lilli Gruber, italiana, europea e profondamente sudtirolese, non il suo sogno perché "la storia non è ancora finita".
Due libri, due viaggi per raggiungere quel luogo indefinibile dove dimorano le memorie affettive.
Un'eredità di avorio e ambra, Edmund de Waal (The Hare with Amber eyes. A Hidden Inheritance, traduz. di Carlo Prosperi), Bollati Boringhieri, 2011.
Eredità. Una storia della mia famiglia tra l'Impero e il fascismo, Lilli Gruber, Rizzoli, 2012.
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