Una tranquilla cittadina del
Maine è la cornice dell'ultimo romanzo di Elisabeth Strout che vede
protagonista ancora Olive Kitteridge, conosciuta nel libro che valse
all'autrice il Premio Pulitzer nel 2009.
Costruito su più racconti, questo Olive,
ancora lei (Einaudi 2019) non
potrebbe essere titolo più adeguato per una storia che ripropone la stessa protagonista con tutta la
sua brusca franchezza, solo più vecchia e con più acciacchi. Nonostante l'età
avanzata, Olive è ancora attiva e ben decisa a prendersi la vita che le rimane,
a dispetto di una nuova, sottile malinconia che si insinua tra i pensieri e i
rapporti personali, a partire da quello, sempre conflittuale, con il figlio
Christopher, destinato però a riservarle un'insperata sorpresa.
E quale sorpresa più grande
di un nuovo amore? Sarà Jack Kennison a farle cambiare casa e stravolgere la
sua routine. Ma anche lui, già professore ad Harvard e custode di una falsa
accusa di molestie ai danni di una collega carrierista, non è immune da rimorsi
e tristezza. Molto realisticamente l'autrice scende nei particolari del loro
ménage di anziani, turbato dal pensiero della morte e, talvolta, dai rimpianti
per i legami precedenti. Ci sono le passeggiate lungo il porto e le gite in
macchina nelle cittadine vicine, distese
sotto cieli tersi e una natura descritta nell'avvicendarsi delle stagioni con
pochi tocchi emozionanti. Ci sono anche i piccoli battibecchi allusivi e non mancano le effusioni amorose
vissute tra imbarazzo e desiderio mai sopito.
Sembra quasi impossibile
leggere questo romanzo senza ripescare i precedenti dell'autrice perché Strout fa evolvere, o semplicemente
invecchiare, i personaggi riportandoli in altre storie. Tra gli altri, qui ritornano i fratelli Susan,
Bob e Jim (I ragazzi Burgess, Fazi
Editore, 2013) entrambi al secondo matrimonio e stretti in una situazione
paradossale, con Bob che preferirebbe
vivere a New York ma è intrappolato nel Maine per desiderio della moglie, e il
fratello Jim, che adora il Maine ma vive a New York per compiacere la moglie.
Si ricorre volentieri ai romanzi precedenti non solo per ricucire la trama,
piuttosto per non perdersi le gemme disseminate da Strout nei dialoghi scarni e verosimili e, nondimeno,
nelle asciutte descrizioni che a scuola potrebbero
essere stigmatizzate come banali:
«I tulipani morirono, gli
alberi si colorarono di rosso, le foglie caddero, venne la neve» (Olive Kitteridge, pag.213)
Non manca però un delicato
lirismo:
«Fu un autunno stupendo. Le
foglie non si staccarono dagli alberi e presero colori vivissimi, come non se
ne vedevano da anni [...] E su tutto
questo splendeva un bel sole, un giorno dopo l'altro. Pioveva soprattutto di
notte, e la temperatura calava parecchio, ma le giornate non erano troppo
fredde né troppo calde. Il mondo brillava e i gialli e i rossi, gli arancio e i
rosa chiaro erano semplicemente meravigliosi per chi percorreva la strada verso
la baia.» (Olive, ancora lei,
pag.190).
L'autrice descrive i luoghi
come lo farebbero i suoi personaggi, e Olive non è tipa da aggiungere parole a
quelle strettamente necessarie, sincera fino al limite della gentilezza, talvolta
scontrosa e irascibile. Facile definirla una vecchia bisbetica, eppure non è priva
di sensibilità, infatti al suo sguardo non sfuggono i problemi e le necessità
delle persone, a cui presta aiuto senza
risparmiarsi. È stata un'insegnante di matematica e, tra gli abitanti della
città, le capita non di rado di riconoscere alunni o alunne, o di essere
riconosciuta da loro e sorprendersi per il percorso della loro vita. Olive osserva i cambiamenti attorno a lei con
empatia, anche se si scontrano con la sua identità o mettono in forse le sue
premesse valoriali e le sue consolidate abitudini. C'è in lei una
determinazione, un attaccamento alla vita, a quello che offre, che la fa amare
e la rende indimenticabile.
Celebrata come una delle più
grandi scrittrici americane, Elisabeth Strout viene sovente paragonata,
per temi e stile a John Steinbeck e Anne
Tyler e la sua popolarità è progressivamente cresciuta dopo il 2009 quando
raggiunse il grande pubblico con le vicende di Olive Kitteridge. Nessuna
sorpresa perciò se anche questo romanzo, in un certo senso il sequel, giunto dopo una decina d'anni e altri
romanzi, sia stato accolto favorevolmente dalla critica e dai lettori, ma è
interessante osservare come l'autrice
non si senta sopraffatta dal successo, come dichiara nelle interviste più
recenti, e continui a vivere e scrivere
tra New York e il Maine.
già pubblicato su
Amore a prima vista. Olive è sempre lei, con il suo sguardo acuto, a volte impietoso, incapace di cullarsi in facili ipocrisie. Eppure in grado di creare vicinanze umane senza smancerie. Meglio leggerlo dopo il primo, si capisce meglio il percorso della sua esistenza.
RispondiEliminaGrazie per il commento, però credo si possa dissentire, leggere in sequenza è forse consigliabile ma non necessario perché l'autrice ripesca continuamente i suoi personaggi, dà loro una vita più lunga, per così dire. Anche in questo romanzo c'è traccia di alcuni testi precedenti, ma la storia è comprensibile e apprezzabile anche se si ignorano.
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